Ieri pomeriggio a Donetsk è stato ucciso in un attentato Zakharchenko, leader della autoproclamata Repubblica di Donetsk. Pochi minuti dopo l’esplosione già uscivano sui siti della disinformazione notizie e retroscena circa l’attentato, facendo sorgere più di un dubbio che il materiale fosse già pronto.
In effetti la morte di Zakharchenko non arriva inaspettata, è il destino toccato recentemente ad altri capi gang della zona i quali non hanno seguito le direttive provenineti da Mosca, specie quando gli è stato comunicato che era arrivato il momento di cedere il passo ad altri nomi. I più maligni sostengono invece che Mosca stia lentamente epurando tutti i capi della prima ora per eliminare i potenziali testimoni un domani che questa farsa delle repubbliche autoproclamate sarà conclusa. Va anche ricordato che Zakharchenko sarebbe stato uno dei principali testimoni o indagati per l’abbattimento del volo MH17 nell’indagine internazionale oramai giunta quasi al termine.
La notizia della possibile sostituzione (voluta da Mosca) di Zakharchenko (ed anche guarda a caso di Timofiev, anch’egli ferito nell’attentato) circola dai primi di giugno di questo anno.
Diversi giornalisti si sono infatti dedicati al caso e le loro analisi si sono puntualmente verificate, non tanto perché loro siano degli indovini ma perché queste vicende sembrano seguire sempre lo stesso copione. Un’avvertimento, delle trattative e se poi non arrivano le dimissioni per “motivi di salute” succede qualche attentato.
Zakharchenko aveva anche raggiunto un punto di rottura all’interno di Donestk dove i suoi stessi supporters cominciavano a lamentarsi per il livello estorsivo troppo alto raggiunto negli ultimi tempi. Per la sua sostituzione si facevano già da tempo i nomi di Denis Pushilin, Alexander Khodakovsky e Alexander Bobkov.
Il più accreditato sembra essere Pushilin che il 6 giugno si è recato per la prima volta in Crimea. Il quotidiano locale “Note” aveva scritto in quell’occasione che era stata risolta la questione della nomina di Pusilin come leader della Repubblica democratica popolare di Donetsk.
Pushilin non è ben visto ma sembra comunque il più accreditatao ed anche gli articoli usciti pochi minuti dopo la morte di Zakharchenko sembrerebbero dimostrarlo. Roman Manekin scriveva su DNRovets “Per natura, origine, educazione, esperienza di vita, Pushilin è una persona astuta ma estremamente stupida. Difficilmente nella sua vita ha letto due dozzine di libri. Il massimo livello di comunicazione a sua disposizione a Mosca è un moscerino dispettoso e invidioso, che si aggira vicino all’ufficio di Surkov nella Piazza Vecchia“.
Ma veniamo alle reazioni italiane nei minuti successivi all’attentato.
Alle 17:22 Sputnik Italia (l’organo della disinformazione russa in Italia) riportava la notizia dell’attentato
Alle 18:28, un’ora dopo l’esplosione con il cadavere di Zakharchenko ancora all’interno del ristorante di Donetsk ove è avvenuta l’esplosione, sempre Sputnik Italia riportava la dichiarazione di Denis Pushilin “Il rappresentante dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk nel gruppo di contatto Denis Pushilin sostiene che l’uccisione del suo leader Alexander Zakharchenko è stata organizzata dall’Ucraina e si tratta dell’ennesima aggressione da parte sua“. Si forniva cioè già la versione definitiva dei fatti con indagini concluse.
La notizia è ovviamente veniva ripresa immediatamente dalla catena logistica della disinformazione russa in Italia, catena che come si è evidenziato in questi anni è politicamente trasversale, va dall’estrema sinistra all’estrema destra. Così possiamo leggere il comunicato dei Giovani Comunisti italiani
Insieme al comunicato di Maurizio Marrone (politico italiano di Fratelli d’Italia) che rappresenta invece l’anima della della destra italiana vicina alle milizie terroristiche che occupano il Donbas.
Difficile dire se l’assassinio avrà conseguenze in Donbas. All’Ucraina la morte di Zakharchenko non porta alcun vantaggio ed è altrettanto vero che, se come sembra si tratta solo di un regolamento di conti interno, non dovrebbe portare a nessuna escalation. Lo stato di emergenza subito introdotto da Pushilin sembra più che altro una operazione di facciata ed un modo per ribadire che è lui il designato successore di Zakharchenko. Così facendo invia anche un messaggio a tutti coloro che “versavano” al leader ucciso che tutto è cambiato e che il nuovo “padrino” ora è lui.
Sicuramente la successione di omicidi ed allontanamenti di questi ultimi due anni nelle cosiddette repubbliche autoproclamate, dovrebbe far nascere più di un dubbio anche nei più ottusi supporter di quel sistema. Coloro che hanno deciso di piegare il capo di fronte agli ordini del Cremlino si godono ora una pensione dorata in qualche località russa (Strelkov, Gubarev, Tsarov, Plotnitsky) mentre gli altri (Givi, Motorola,Tsyplakov, Zhilin, Dremov, Bednov, Zakharchenko) sono rimesti tutti “vittime” degli efficientissimi servizi segreti ucraini che secondo la vulgata russa si introdurrebbero nelle roccaforti di Donetsk e Lugansk con una facilità sconcertante.