Ieri 3 novembre 2021 è stata messa la parola fine ad un processo che non sarebbe mai dovuto iniziare, una parola fine che arriva dopo tre anni e quattro mesi di ingiusta detenzione di un cittadino innocente. Si è conclusa così come era iniziata, con un fake di un organo di informazione, questa volta la RAI che assegna Markiv all’esercito russo e non a quello ucraino.

Questa è forse la miglior risposta a tutti coloro che in questi anni mi chiedevano perché StopFake seguisse con così grande attenzione la vicenda. Si è trattato di uno dei più grossi fake prodotti in Italia relativamente alla guerra russo – ucraina, un fake che ha comportato conseguenze devastanti per un innocente.

Dopo quasi tre anni e mezzo di lavoro voglio concludere la vicenda con un riassunto ed alcune riflessioni, perché a volte quando si compie un lungo cammino a volte ci si scorda da dove si è partiti ed alcuni pezzi si perdono per strada.

La vicenda per StopFake nasce prima dell’arresto di Markiv e forse per questo avrebbe dovuta essere presa in considerazione dal tribunale di Pavia, perché la nostra indagine giornalistica era genuina, scevra da ogni possibile condizionamento di parte. Siamo a giugno 2017, Markiv non si sogna minimamente che da li a poche settimane sarà arrestato in Italia. Incontriamo a Kyiv il vice Procuratore capo dell’Ucraina Evghen Yenin dopo essere già stati tre volte sulla collina di Karachun, la prima delle quali pochi mesi dopo la liberazione di Sloviansk. In quella prima visita (2014) in un video si vede chiaramente che dalla posizione che presumibilmente Markiv occupava, non era possibile vedere la zona della Zeus né tantomeno riconoscere delle persone. Nell’intervista vengono ripercorse tutte le evidenze che porteranno poi ieri alla sentenza di assoluzione per Markiv. 

Sempre in quella intervista Yenin risponde alle accuse di chi Italia sosteneva che il Governo ucraino non voleva collaborare 

Prima di tutto, vorrei attirare l’attenzione sulle circostanze, nelle quale viene condotta l’indagine. Sloviansk, dove sono caduti A. Rocchelli e’ il suo collega giornalista Andriy Mironov, a quell’ora era sotto il controllo delle formazioni terroristiche russe, perciò l’occasione reale di condurre le prime azioni d’indagine giudiziaria direttamente sul luogo dell’avvenimento è apparsa solo a luglio 2014, quando la città e d’intorni sono stati liberati dalle forze armate ucraine. “.

Ovvero già allora la domanda era “Perché gli inquirenti italiani non vogliono sentire Igor Girkin (aka Strelkov) che durante quei mesi era il plenipotenziario di Sloviansk e fu lui a gestire i primi sopraluoghi?”

A questa domanda ancora oggi nessuno ha voluto rispondere. Non si comprende perché gli inquirenti italiani non abbiano mai voluto sentire l’uomo chiave della vicenda che alcuni mesi dopo la sconfitta di Sloviansk è riparato a Mosca dove attualmente vive.

Arriviamo a luglio 2017, Markiv viene arrestato a Bologna con questa motivazione “assiepatosi in cima alla collina denominata Carachun volontariamente cagionava la morte del cittadino italiano Andrea Rocchelli indirizzando contro quest’ultimo (e contro coloro con i quali tale fotoreporter italiano stava effettuando un servizio fotografico) dapprima varie raffiche di colpi esplosi da plurime armi da fuoco e successivamente – dopo che la persona offesa si era rifugiata in un fosso ne tentativo di salvarsi la vita – circa venti colpi di mortaio“. 

L’indagine come tutti sanno si basa su un articolo di una semisconosciuta giornalista del Corriere, la quale carpendo di straforo una conversazione telefonica in vivavoce tra Markiv e un altro giornalista italiano (Marcello Fauci), confeziona un articolo imbarazzante, pieno di errori e in gran parte inventato. Questo articolo verrà utilizzato come pietra angolare per condannare un innocente a 24 anni di carcere.

A nulla valgono le montagne di prove che vengono presentate in quei mesi dalla difesa a discolpa di Markiv, si arriva a ipotizzare che il caso Markiv sia utilizzato per creare un diversivo per un altro caso di italiano ucciso all’estero (Regeni) e per il quale lo Stato italiano si trova in un cul de sac. 

Incredibilmente i raffazzonati indizi superano la prova del Tribunale del riesame e si va a processo.

Sino a questo punto nessuno del mondo dell’informazione, tranne StopFake, ha mosso un dito per approfondire l’argomento.

Il processo si tiene in Corte d’Assise a Pavia e immediatamente si comprende che sarà un processo non facile, sembra di vivere in un libro di Orwell dove la finzione diventa realtà. Roguellon, giornalista che era in compagnia di Mironov e Rocchelli, cambia radicalmente la sua testimonianza e ribalta tutto ciò che aveva dichiarato agli inquirenti francesi nella immediatezza dei fatti. Roguellon viene assunto dall’accusa quasi a oracolo e non si  preoccupa di verificarne l’attendibilità, attendibilità che chi lo conosce nell’ambiente certo non avrebbe confermato. Roguellon viene descritto da alcuni freelancer come un cerca grane con il quale è meglio non lavorare, un avventuriero spregiudicato da cui è meglio stare alla larga. Viene nominato dalla Corte un traduttore che non conosce a fondo la lingua ucraina e i cui errori influiranno pesantemente sulla sentenza di primo grado. Vengono presentate prove false reperite su internet, si fanno congetture sulla vita privata di Markiv, si distorce il contenuto di rapporti OSCE.

E’ durante il processo che notiamo il mondo dell’informazione italiana iniziare ad interessarsi al caso, ma non come ci si sarebbe immaginati nel ruolo di ricerca della verità, ma bensì come parte in causa che già conosce la verità e che decide di abbracciare la tesi dell’accusa in maniera acritica, chiedono anche un cospicuo risarcimento economico e nominano un avvocato di parte civile di tutto rispetto, l’ex Sindaco di Milano Pisapia. L’FNSI si giustifica sostenendo che Rocchelli era un giornalista, ma tutti sappiamo che Andy non era iscritto all’ordine. Per FNSI quindi sei giornalista anche se non sei iscritto all’ordine quando gli conviene, altrimenti come nel caso del sottoscritto sei un usurpatore di titoli. In aula contemporaneamente a questa presa di posizione di FNSI, si materializzano anche giornalisti di importanti testate e contribuiranno non poco al linciaggio mediatico di Vitaly Markiv.

Sempre in aula intanto si può notare la differenza che il processo riserva a due famiglie profondamente toccate dagli avvenimenti. La famiglia Rocchelli comodamente seduta in aula, ossequiata da giornalisti e VIP, e la famiglia di Markiv in piedi in un angolino dell’angusta parte riservata al pubblico, guardati spesso con disprezzo e ignorati dal mainstream.

A questo punto tutto il mondo dei media italiano è schierato contro “l’assassino”, tranne StopFake e un coraggioso giornalista milanese Massimiliano Melley (Milano Today) che ha iniziato ad avvicinarsi al processo senza preconcetti con il solo scopo di capire cosa era successo veramente.

Durante tutto il processo si susseguono articoli fake, alcuni anche di cattivo gusto e con un retrogusto razziale come quando si descrivono i presenti della diaspora ucraina come “teste rasate dai volti rubicondi”.

Arriviamo così a luglio 2019, incredibilmente la Corte di Pavia condanna Markiv a 24 anni di reclusione, sei in più di quelli richiesti dall’accusa, quasi a rimarcare che erano talmente sicuri della sua colpevolezza che hanno voluto metterci il loro carico. All’esterno del Tribunale c’è incredulità, il tutto sta avvenendo in Italia, culla del diritto. Raffaele Della Valle, avvocato della difesa, si sente male in aula e successivamente dichiarerà che neanche durante il processo a Enzo Tortora aveva visto fare così scempio del Diritto.

Sino a qui il mondo dell’informazione italiana è ancora tutto schierato contro Markiv.

Qualcosa comincia a muoversi nell’autunno 2019, il Partito Radicale italiano decide di interessarsi alla vicenda e dopo aver analizzato le carte comincia a chiedere a gran voce un processo d’appello equo. Alcuni giornalisti decidono di uscire dall’ombra e organizzano un’indagine giornalistica di grande valore, indagine nella quale si dimostra scientificamente che le accuse si basano sul nulla.

Si attende di arrivare al processo di appello, ci sono ancora gli ultimi sussulti di informazione manipolata e tra di essi spicca il lavoro di Mario Calabresi.

Quando parte il processo di appello si scopre che il traduttore della Corte di Pavia era incorso in un piccolo errore di traduzione su una frase pronunciata da Markiv… aveva tradotto “abbiamo fottuto un giornalista” invece dell’esatta traduzione “hanno fottuto un giornalista ed adesso vogliono incolpare me”. Facile comprendere che se non ballassero più di tre anni carcere per un innocente ci sarebbe da ridere.

Sempre all’interno del processo avviene anche un episodio miracoloso, una persona indicata dall’accusa come uccisa da Vitaly Markiv, Maksym Orlov, si palesa viva e vegeta e dichiara che nella foto usata dall’accusa lui non era morto ma stava dormendo dopo essersi ubriacato. Il soldato in questione era un commilitone di Vitaly Markiv.

Gli ultimi fuochi della disinformazione vengono riservati per i giorni che precedono la sentenza. Contropiano, Articolo21, Antidiplomatico e Ukraina.ru pubblicano articoli fake nei quali sostengono argomentazioni folli come il fatto che il partito radicale italiano sia un partito neonazista.

Si arriva alla giornata di ieri dove il castello di menzogne crolla. Markiv viene assolto con la formula PER NON AVER COMMESSO IL FATTO, formula che non lascia alcun dubbio circa la sua innocenza.

Sono passati tre anni e quattro mesi…..

Un fake coniugato a manipolazioni e misinformation ha privato un cittadino italiano di 40 mesi di libertà, trascorsi in un carcere di massima sicurezza. 

Si chiude così la vicenda di Vitaly Markiv il quale adesso potrà riabbracciare la sua famiglia e con il tempo smaltire la rabbia per l’ingiusta detenzione, elaborare il trauma e vivere il resto della sua vita senza risentimenti che altrimenti lo consumerebbero lentamente.

Archiviata la vicenda Markiv rimane però aperta la vicenda di Andy Rocchelli e Andey Mironov, per loro giustizia non è stata fatta ancora. Non significa trovare UN colpevole e forse non sarà possibile trovare neanche IL colpevole. Di certo la loro memoria però merita che vi sia un lavoro investigativo serio che ricostruisca cosa realmente è accaduto ai piedi di quella collina. Per fare ciò servirà trovare una Procura che non abbia paura di suonare il campanello a porte scomode, gli indirizzi sono già in loro possesso. L’indagine non dovrà essere influenzata dalla geopolitica ma basarsi su fatti e prove concrete (anche quelle ci sono e sono già agli atti). Noi come StopFake abbiamo dato il nostro contributo anche in questa direzione, così come abbiamo tenuto sempre aperta la porta per i genitori di Rocchelli i quali dopo ieri sera sono diventati le seconde vittime di questa vicenda. Sono genitori che per anni sono stati circondati da persone a cui poco interessava la ricerca della verità sulla morte di loro figlio, sono stati ”coccolati” dai media e convinti di una versione che non poteva reggere alla prova dei fatti. Immagino che sarà difficile per loro, ma se veramente vogliono conoscere come sono andati i fatti dovranno evitare di continuare a frequentare persone che per troppo tempo li hanno sfruttati ed avere la forza di aprirsi a nuove ipotesi. Immagino che non sarà una fase semplice perché quando per anni ti hanno bombardato con l’idea che quel giovane ragazzo italo ucraino è l’assassino di tuo figlio, non è facile resettare tutto e ricominciare. Questa è la cosa fondamentale che devono comprendere, che chi li ha voluto inculcare quell’idea sapeva benissimo che Markiv era innocente e chiedersi perché hanno voluto convincerli di tale cosa?

Per concludere, la vicenda Markiv deve far riflettere tutti quanti su come la disinformazione e la manipolazione della stampa può trasformarsi in un incubo per qualsiasi cittadino. Essere cittadini informati correttamente significa essere cittadini liberi. Buona abitudine sarebbe quella di appuntarsi sempre i nomi di chi tenta di manipolarci o disinformarci, perché queste persone dovrebbero essere relegate nell’ignominia o subire la nostra indifferenza. Queste persone oggi hanno tentato di convincervi che Markiv era un assassino, magari domani con la stessa professionalità andranno in televisione a dire che quel tal politico è degno della nostra fiducia.

Auguri Vitaly per il prosieguo della tua vita, ti saluto rispondendo alle tue parole Heroyam Slava!