La svolta con l’intervista di Grillo alla tv russa Rt. Zheleznyak la figura chiave, ma vari altri attori. L’Ucraina protestò con Casaleggio jr. La Lega e i contatti con Komov, vicino all’oligarca Malofeev
Da un certo momento in poi, all’improvviso, tra fine 2014 e inizio 2015, il Movimento cinque stelle comincia ad abbracciare una narrativa filo-Russia impressionate. Incontri con attori russi coincidono con prese di posizione fino a poco tempo prima impensabili: cancellare le sanzioni alla Russia, l’annessione della Crimea derubricata a mera «tensione», l’aggressione russa dell’Ucraina definita «una guerra scatenata dalla Nato». La svolta è il 10 aprile 2015: Beppe Grillo concede una lunghissima intervista a Rt, l’outlet finanziato dal Cremlino, al centro del Russiagate negli Usa (per i soldi pagati al generale Michael Flynn, o le pubblicità politiche oscure sui social, di cui ora anche Facebook rimanda indietro i guadagni). Grillo a Rt dipinge l’Italia come un Paese su una china pericolosa, «un colpo di stato intelligente in atto», «la corruzione ammazza il Paese», «il disastro economico», «la mancanza di controllo degli immigrati», «la democrazia non funziona». Musica per le orecchie della direttrice di Rt, Margarita Simonyan, che ha presieduto all’operazione. L’intervista non è gestita dall’ufficio comunicazione M5S alla Camera, ma da Milano, direttamente dallo staff della Casaleggio.
Mentre Matteo Salvini posta sui social foto con Putin, e la Lega non ha nessun problema a parlare di accordo politico, il Movimento si muove in una zona di mezzo, non ufficiale, tesse una tela ma preferiva restare sottotraccia. La Lega ha contatti almeno dal 2013. Dal 2014 un canale è stato l’associazione culturale Lombardia-Russia, figure chiave il giornalista Gianluca Savoini. O l’ex parlamentare Claudio D’Amico e l’europarlamentare Lorenzo Fontana.
I cinque stelle chiedono invece ai russi di non affrettare gli annunci. Zheleznyak nel marzo 2017 chiarisce: «Siamo pronti a sviluppare le nostre relazioni, ma solo nella misura in cui sarà interessante per entrambe le parti».
Gli incroci però sono tantissimi. L’11 giugno 2015 il Movimento lancia una campagna sul blog di Grillo: «Revocare le sanzioni alla Russia, l’Italia ha perso un miliardo». Il dossier viene seguito da due deputati, Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista; saranno loro due ad accompagnare Beppe Grillo da Razov, l’ambasciatore russo a Roma, a Villa Abamelek, a Monteverde, sede dell’ambasciata, con la macchina scassata di Di Stefano. Il 29 giugno a Di Stefano viene concesso il blog per dire che «Washington sta lanciando l’Europa in una pericolosa crociata contro la Russia». In quel periodo Sputnik diventa fonte sistematica di Tze Tze, un sito della Casaleggio. La rivista L’antidiplomatico, diretta da Alessandro Bianchi (poi consulente dell’ufficio legislativo M5S alla Camera) diventa centrale nell’elaborare una linea politica sempre più pro Putin e pro Assad.
Il 2016 è l’anno del referendum costituzionale. Alla Russia interessa, l’Italia. Il 25 marzo Di Battista e Di Stefano volano a Mosca. Vengono accolti benissimo. Parlano con Sergej Zheleznyak, vicesegretario di Russia Unita, e Robert Shlegel, ex capo di Nashi, la gioventù putiniana, poi uscito, a gestire operazioni non ufficiali. Di Stefano – quando una foto esce sulla Stampa – si sfoga: «Abbiamo parlato con l’allora responsabile dei giovani di Putin, loro spingono molto sull’uso del web quindi è ovvio che fosse interessato: per loro era ancora più scioccante che noi lo facessimo senza soldi». In un altro colloquio c’è Maxim Rudnev, ex dirigente della «Giovane Guardia» putiniana. Il tema è sempre: web e campagne elettorali. Altro personaggio visto dai grillini in altra occasione è Andrej Klimov, uomo che incontra anche la Lega: ha scritto lo studioso Anton Shekhovtsov che qui, attraverso Aleksej Komov, si va vicini all’oligarca ultranazionalista Konstantin Malofeev.
A giugno 2016 Di Stefano è a Mosca al Congresso di Russia Unita, dove definisce la rivoluzione di Maidan «un colpo sostenuto dall’occidente». In un’intervista per commentare il congresso, il filosofo eurasiano Alexander Dugin, oggi vicino al Cremlino, dice: «Se chiedessimo agli italiani se sono [come gli inglesi] per uscire dall’Ue, anche loro sarebbero per uscire. E noi sappiamo che questo è ciò che chiedono Lega e M5S». I grillini avevano annunciato un viaggio in Crimea, che poi non faranno, per ragioni da chiarire. Il 4 agosto il M5S presenta in parlamento una proposta di legge affinché l’adesione alla Nato sia rivista ogni due anni. Di Stefano allude esplicitamente a un possibile referendum sull’adesione alla Nato.
L’ambasciata ucraina intanto scrive a Davide Casaleggio, considerato deus ex machina della svolta pro Russia, per protestare contro le tesi del M5S sull’Ucraina.
Nell’ottobre 2016 Rt, dopo una lunga serie di articoli in cui dipinge l’Italia sull’orlo di una guerra civile, dedica una diretta streaming a una manifestazione per il Sì, spacciata per il No. Renzi protesta con Putin. Si apre una crisi diplomatica. In quei giorni, il 14 novembre, una delegazione grillina è di nuovo a Mosca. Stavolta la guida il senatore Vito Petrocelli. Curiosità: la conferenza stampa è tutta russa, l’evento si tiene al media center di Rossiya Segodnya, outlet sotto stretto controllo del Cremlino.