Fonte : di Luca Gambardella Il Foglio
L’ex cancelliere, nominato direttore indipendente di Rosneft, incarna l’antiamericanismo che i rivali di Merkel hanno provato a cavalcare. Senza successo
La già deludente campagna elettorale del candidato dei socialdemocratici tedeschi, Martin Schulz, rischia di naufragare definitivamente per mano del mostro sacro del suo stesso partito, Gerhard Schröder. La settimana scorsa, l’ex cancelliere è diventato “direttore indipendente” di Rosneft, la più grande compagnia petrolifera controllata dallo stato russo. Una nomina che ha sollevato le polemiche della Cdu e della stampa; mentre si rincorrono i sospetti su possibili ingerenze russe nelle elezioni tedesche, l’ingresso di Schröder nel cerchio magico di Vladimir Putin ha finito per mettere ancora più in difficoltà Schulz. Il candidato socialdemocratico, proprio in questi mesi, aveva tentato di coinvolgere l’ex cancelliere nella sua campagna elettorale per raccogliere i consensi che ancora riscuote l’unico socialdemocratico che, nel 2005, è stato vicino alla vittoria nei confronti di Angela Merkel. La strategia si è trasformata così in un boomerang che Schulz avrebbe evitato volentieri, visti i 14 punti percentuali che già lo separano dalla Merkel in vista del voto di settembre.
Dopo essere stato l’ultimo cancelliere socialdemocratico, qualcuno prefigurava per Schröder una posizione più defilata, da ispiratore del partito, magari una carriera da scrittore di saggi politici. Piuttosto, Schröder ha preferito coltivare la sua posizione di interlocutore privilegiato con Mosca, un ruolo che ha ricoperto per molti anni, senza che ne abbia mai fatto troppo segreto. Oltre al nuovo ruolo nella Rosneft, dal 2007 Schröder occupa anche la carica di presidente della commissione degli azionisti del Nord Stream AG, il gasdotto che dovrebbe essere raddoppiato grazie alle forniture di Gazprom e finito sotto le nuove sanzioni americane. Da cancelliere, Schröder è stato bersaglio di accuse pesanti per le sue collusioni con i russi, come quando – era poco prima che lasciasse l’incarico, nel 2005 – autorizzò sovvenzioni per circa 1 miliardo di euro proprio per finanziare il progetto del Nord Stream, un sistema di gasdotti che, dicono i detrattori, avrebbe relegato la Germania alla dipendenza energetica nei confronti della Russia. Allora, Washington si innervosì non poco per “l’aiuto” offerto da Schröder.
Ora sulla stampa tedesca sono tornate di moda articoli con accuse pesanti nei confronti delle relazioni particolari tra Schröder e Putin. Sui social network hanno ricominciato a girare le vecchie foto del 2014, quelle dove l’ex cancelliere tedesco e il presidente russo si abbracciano sorridenti al palazzo Yusupovsky di San Pietroburgo per festeggiare il compleanno del capo del Cremlino (Schröder fu l’unico invitato tra i leader occidentali). Nel suo discorso – applauditissimo – rivolto lo scorso giugno alla convention di partito, Schröder ha condannato l’ingerenza politica americana in Europa, ha detto no all’aumento delle spese militari chiesto dalla Nato e non ha citato nemmeno una volta l’annessione russa della Crimea o le interferenze di Mosca nelle elezioni in occidente. Ma la nomina del guru socialdemocratico a Rosneft ha messo Schulz in notevole imbarazzo, come si nota dall’affanno con cui il candidato dell’Spd ha risposto alle domande sul conflitto di interessi tra Schröder e Gazprom nella sua recente intervista alla Bild.
I calcoli di Schulz, in realtà, rispondevano in origine a una precisa esigenza: raccogliere voti da quel bacino elettorale composto dai nostalgici di sinistra che guardano con interesse “a chiunque possa sfidare il ruolo di guida dei paesi occidentali”, come li definì il New York Times in un editoriale di Clemens Wergin del 2014, ai tempi dell’aggressione russa in Crimea. Mentre gli “uomini verdi” di Putin combattevano nel Donbass al fianco dei separatisti, addirittura il 49 per cento dei tedeschi interpellati in un sondaggio dell’aprile 2014 riteneva che Berlino non avrebbe dovuto sostenere gli Stati Uniti nel difendere l’integrità territoriale ucraina. L’immagine di una Germania unita, solidale con gli americani, è d’altra parte il risultato della fine della Guerra Fredda ma fino al 1989 “il paese era rimasto in un precario equilibrio tra oriente e occidente”, ricordava Wergin. Ora, in tempi di crisi aperta tra l’Europa e gli Stati Uniti di Donald Trump, il filo-putinismo incarnato da Schröder è tornato in auge, in particolare tra quei tedeschi alla ricerca di un’alternativa a un ordine mondiale a guida americana. Ma il conflitto di interessi che coinvolge l’ex cancelliere si sta dimostrando troppo spudorato per non costare caro a chi voleva riabilitare uno dei pochi veri amici di Vladimir Putin.