L’intervista del ministro al Washington Post: «Il premier Conte? Siamo in sintonia, usiamo solo toni diversi»
Dal «piano Marshall per l’Africa», al «progetto di un fronte sovranista europeo», fino alla «legittimità dell’annessione della Crimea da parte della Russia». È un’intervista fiume, quella del vice premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini al Washington Post, in cui il leader leghista traccia la linea d’orizzonte del governo giallo verde, del suo partito e delle proprie aspirazioni.
Per questo, sostiene Salvini, «le prossime elezioni europee saranno fondamentali. Voglio mettere insieme quei partiti populisti che costituiranno la maggioranza in seno al Parlamento europeo». «Essere populista è un complimento per me, perché portiamo una visione di una Europa diversa, dove ogni Paese dovrebbe essere libero di decidere la propria politica economica». È un passo indietro importante, però, quello di Salvini rispetto alla volontà dichiarata in passato di abbandonare la moneta unica: «Penso ancora che l’Euro sia un esperimento sbagliato, dobbiamo migliorarlo, ma sulla necessità di uscirne… chi non ha mai cambiato idea?». E ancora più netto, poi, è il dietrofront sulla decisione di abbandonare l’Unione europea: «Vogliamo lavorare per cambiare l’Europa dall’interno e non per uscirne. Vogliamo cambiare la sua economia, la sua politica, la fiscalità e le politiche agricole. Ad esempio, cambierei immediatamente la direttiva sulle banche. Dal canto nostro, stiamo facendo di tutto per rispettare il limite del 3 per cento del rapporto deficit/Pil, anche se il limite del 3 per cento non è inciso nella pietra».
La questione migratoria torna, nei pensieri del leader leghista, ad ogni argomento toccato; dal lavoro («non dobbiamo portare migranti per compiere i lavori che noi non accettiamo di fare, ma aumentare i salari minimi») alla lotta alle mafie («prende risorse dal traffico di droga e di armi, ma anche dall’immigrazione illegale»). Fino alla politica estera, quando dice di «apprezzare» le politiche migratorie adottate da Donald Trump, «perché vuole realizzare ciò che ha promesso agli elettori. Proprio come ha fatto quando ha riconosciuto Gerusalemme come capitale d’Israele. Sono pienamente d’accordo con quella decisione». Con l’amministrazione Trump, però, si registrano anche dei punti di divergenza, che gravitano anche attorno ai rapporti con la Russia. A partire dalle sanzioni, «da abolire perché non funzionano e provocano un danno alle nostre esportazioni», ma anche perché «l’annessione della Crimea alla Russia è avvenuta dopo un referendum». «Ci sono alcune zone storicamente russe, in cui c’è una cultura e delle trazioni russe, e che quindi appartengono legittimamente alla Federazione Russa». Che sia stato un referendum falsato dalla presenza dei militari di Mosca «è un punto di vista, ma non è il mio».
Nulla di controverso nello stretto rapporto con Mosca – mette in chiaro Salvini – che bolla come «fake news» l’ipotesi dei finanziamenti alla Lega provenienti dal partito di Vladimir Putin: «Non abbiamo mai ricevuto un euro, un rublo, un dollaro». «Avevamo invece firmato un accordo politico con Russia Unita», spiega, «che prevedeva una collaborazione tra i movimenti giovanili dei nostri partiti». E in occasione del suo recente incontro con il ministro dell’interno russo, Vladimir Kolokoltse, è stato stretto «un accordo per creare un database di informazioni comune, proprio come abbiamo fatto con Israele». Con Kolokoltse si è parlato anche di lotta al terrorismo e dei foreign fighters che rientrano dalla Siria e dal Medio Oriente: «I nostri servizi segreti dicono che migliaia di foreign fighters sono già tornati in Europa, alcuni dei quali in Italia. Ogni giorno firmo ordini di espulsione per persone che sono collegate al terrorismo islamico».
Fonte : La Stampa