Il film The Death of Stalin, del britannico d’origini italiane Armando Iannucci, doveva debuttare a Mosca il 25 gennaio. Ma il ministero della Cultura ha deciso di ritirare la licenza.
È un film, una commedia satirica. Ma ridere del sacro non è mai una cosa semplice. E in Russia la figura di Stalin continua a essere, se non sacra, di sicuro molto popolare. Ecco perché The Death of Stalin del regista britannico Armando Iannucci (padre napoletano e madre scozzese), tradotto in Italia col titolo Morto Stalin, se ne fa un altro e da poco sbarcato nelle sale, sta provocando un terremoto a Mosca. Tanto che il ministero della Cultura ha deciso di ritirare la licenza di proiezione.
Le prime avvisaglie di censura si erano già manifestate alcuni mesi fa. Il problema, a ben vedere, non è tanto Stalin, in testa negli indici di gradimento dei russi per quanto riguarda le figure storiche del passato, ma la rappresentazione dei potenti al vertice dell’Unione Sovietica che Iannucci mette in scena nel suo film quando, nel 1953, il dittatore improvvisamente muore. L’annuncio viene fatto soltanto due giorni dopo e in quelle 48 ore i figli di Stalin, Vasili e Svetlana, il generale Georgi Zhukov, Nikita Krusciov, Georgi Malenkov, Viacheslav Molotov e Lavrenti Berija lottano per la successione.
FILM GIUDICATO «OFFENSIVO». In Morto Stalin, se ne fa un altro il racconto del potere è naturalmente sferzante. E per Mosca questo è tuttora un problema. Il ministero della Cultura, che pure aveva dato luce verde alla prima del film in programma il 25 gennaio, si è fatto prendere dai dubbi e ha organizzato una visione speciale della pellicola. Il Consiglio pubblico, al termine della proiezione, l’ha bollata come priva di valore storico-culturale e altresì «offensiva». Di qui la raccomandazione di posticipare la distribuzione in Russia di sei mesi, per evitare (ampiamente) la sovrapposizione con il 70esimo anniversario della vittoria di Stalingrado, che cade il prossimo 2 febbraio.
INCOMBONO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI. Il generale Georgi Zhukov, eroe della Seconda Guerra mondiale, viene d’altra parte dipinto in maniera grottesca e questo potrebbe essere disturbante per i veterani. Come se non bastasse Paval Pozhigailo, membro del Consiglio pubblico, ha voluto sottolineare che la visione del film non è consigliabile anche alla luce delle prossime elezioni presidenziali del 18 marzo. E quindi per la pellicola, basata sulla graphic novel omonima di Fabien Nury e Thierry Robins, è arrivato uno stop sine die.
FINALE APERTO. Il ministero della Cultura ha fatto sapere che la decisione relativa a quando permettere la visione del film in Russia sarà presa «in un secondo momento». Chissà, a questo punto, se mai lo sarà. Altri membri dell’establishment, come la vice capo della commissione Cultura della Duma, Yelena Drapeko, hanno definito il film «una schifezza e una provocazione», chiedendo che non venga distribuito punto e basta. Si vedrà. Stalin di certo approverebbe.