Nei primi tre mesi dell’anno, il motore di ricerca ha bloccato solo in Italia 11.717 account che hanno fornito false informazioni sulla propria identità; pubblicato annunci fasulli o diffuso fake news. Per capirsi meglio, si tratta di un profilo congelato ogni dieci minuti. In tutta l’Unione europea, i gendarmi digitali di Mountain View sono entrati in azione 79.503 volte, con il forsennato ritmo di un blocco ogni 120 secondi. Più nebulosa l’attività di Facebook e Twitter, che forniscono dati aggregati. Il social network creato da Mark Zuckerberg – finito nel mirino esattamente un anno fa dopo lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica, che ha rivelato come i dati di oltre 87 milioni di utenti furono utilizzati a loro insaputa per orientare il voto delle presidenziali americane e il risultato del referendum sulla Brexit – ha bloccato circa 600mila inserzioni nell’Unione europea. Twitter, dove secondo un recente studio le fake news si propagano il doppio più velocemente rispetto alle notizie vere, non pubblica dati specifici sulla Ue.
Nei mesi scorsi Microsoft ha svelato una maxi operazione condotta da hacker russi ai danni di oltre cento diplomatici tedeschi. E l’ex numero uno della Nato, Anders Fogh Rasmussen, non ha usato giri di parole: “Mosca farà di tutto per sabotare il voto europeo”. Come se non bastasse, una decina di giorni fa un’inchiesta della Dpa ha svelato i tentativi del Cremlino per pilotare il risultato delle urne: “Stanno orientando i loro sforzi sui giovani. Hanno cercato di sollevare dubbi sull’importanza del Parlamento europeo e stanno provando a ridurre l’affluenza”. L’armata digitale di Vladimir Putin – che ha sempre respinto qualsiasi accusa – fa davvero paura, tanto che l’Fbi ha già lanciato l’allarme per quanto riguarda le elezioni presidenziali americane del 2020. “I nostri avversari hanno alzato il livello della sfida. La Russia è una minaccia per la nostra sicurezza”, ha chiosato Christopher Wray, il numero uno del Bureau.
Sono state pubblicate dalla Commissione europea le ultime relazioni di Facebook, Google e Twitter sui progressi fatti durante lo scorso mese nel contrasto online alla disinformazione nel Vecchio Continente, soprattutto in vista delle elezioni europee del 23-26 maggio 2019.
Le tre piattaforme digitali hanno firmato nei mesi scorsi il Codice di buone pratiche contro la disinformazione, impegnandosi a riferire mensilmente sulle loro azioni in vista delle prossime elezioni per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo.
“Tutti e tre – si fa sapere dalla Commissione- hanno iniziato a segnalare i messaggi pubblicitari di natura politica sulle loro piattaforme. In particolare, Facebook e Twitter hanno reso accessibili al pubblico le biblioteche di pubblicità politica, mentre la biblioteca di Google è entrata in una fase di test. Tali azioni forniscono al pubblico una maggiore trasparenza per quanto riguarda i messaggi pubblicitari di natura politica”.
Nello specifico, Google, in quanto motore di ricerca, ha riferito di specifiche azioni adottate per migliorare il controllo del posizionamento delle notizie all’interno dell’Unione europea e dei singoli Stati membri.
Facebook ha invece fornito dati relativi alle azioni intraprese contro la disinformazione e la pubblicazione di contenuti di scarsa qualità, forvianti e palesemente falsi. La sua politica sugli annunci politici ed elettorali sarà estesa anche a Instagram.
Twitter, oltre il Report sugli annunci politici ed elettorali e su fake news e disinformazione, ha anche raccolto le azioni intraprese contro spam e falsi account. Tutte azioni utili, ma chiariscono a Bruxelles:
“Sono necessari ulteriori miglioramenti tecnici e la condivisione della metodologia e dei set di dati per i profili falsi, in modo da consentire agli esperti di terze parti, ai verificatori di fatti e ai ricercatori di condurre valutazioni autonome”.
Permane la necessità che il Parlamento europeo e le autorità regolatorie nazionali affrontino l’argomento delle tutele e dei diritti degli utenti di internet e si confrontino sulle regole più efficaci da adottare.
Da un’indagine realizzata da Eurobarometro nel novembre 2018, è emerso che la maggioranza dei cittadini dell’Unione è preoccupata proprio per i danni (ingerenze, interferenze, orientamento) che le campagne di disinformazione, le violazioni dei dati e gli attacchi informatici, possano provocare prima, durante e dopo i processi elettorali.