Si è appena conclusa la terza udienza del processo che vede imputato Vitaly Markiv, soldato della Guardia Nazionale ucraina, per la morte del fotoreporter italiano Andy Rocchelli.
Con oggi si può dire che il processo è entrato nella sua fase attiva con l’audizione di alcuni testimoni minori. La giornata ha fatto segnare un punto a favore della difesa in quanto per la prima volta si è preso atto nell’aula che la situazione in cui si trovava il fotoreporter era una situazione di guerra. Il proprietario della fabbrica Zeus ha riportato le testimonianze di suoi lavoratori in quanto lui non era presente in quei mesi, sostenendo che tutti gli hanno riferito che la fabbrica era stata occupata dalle milizie filorusse e che quel luogo era teatro di violenti scontri militari.
Anche il personale inquirente, sentito dal Giudice, ha dovuto ammettere che le comunicazioni che arrivavano dall’Ambasciata italiana a Kiev, riferivano di un teatro di guerra dove erano in corso violenti combattimenti tra le milizie separatiste e l’esercito regolare dell’Ucraina. Hanno anche dovuto ammettere che le lungaggini per il recupero della salma e degli oggetti personali di Rocchelli era da imputare alle milizie che controllavano la zona e che il Governo ucraino non aveva alcuna possibilità di accedere a quelle zone.
Nella prossima udienza sarà sentito un testimone centrale della vicenda, quel Roguellon che a distanza di tempo ha completamente ribaltato le dichiarazioni fornite in un primo momento.
Intanto continuano i segnali che fanno presupporre che si voglia tentare la mossa di influenzare il processo mediaticamente con elementi che non hanno nulla a che vedere con il processo stesso. Il comunicato della FNSI, la Federazione Nazionale dei Giornalisti che otterrà un grosso risarcimento dall’Ucraina in caso di condanna di Vitaly Markiv e già questo stride con la presunta ricerca della verità della stampa libera, non lascia dubbi su quali tematiche vogliano portare la discussione. «In occasione della prossima udienza sarà anche organizzata una iniziativa a Pavia alla quale parteciperà, insieme agli istituti della professione giornalistica, una delegazione composta dai cronisti italiani costretti a vivere sotto scorta per le minacce di mafiosi, corrotti, neonazisti e neofascisti», hanno dichiarato Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi, e Paolo Perucchini, presidente della Alg.
E’ chiaro che “cronisti italiani costretti a vivere sotto scorta per le minacce di mafiosi, corrotti, neonazisti e neofascisti” non ha nulla a che vedere con un processo che vede imputato un soldato dell’esercito ucraino accusato della morte di un fotoreporter presente in una zona di guerra.
Presenti come sempre all’uscita del Tribunale il gruppo che la precedente udienza aveva tentato di provocare incidenti con gli ucraini presenti.
Da giornalista continuo a pormi una domanda…. Può una associazione di giornalisti costituirsi parte civile in un processo quando ancora non c’è un colpevole? Non viene il dubbio che tale associazione, che in caso di condanna prenderà una cospicua somma di denaro come risarcimento per essersi costituita parte civile, oscurerà le ragioni della difesa per far risaltare solo le parti dell’accusa? Non esiste un macroscopico conflitto di interessi?