di Michele Pignatelli fonte il Sole 24 ore
La vera minaccia che arriva da Mosca ai Paesi baltici non è tanto un’invasione tradizionale, quanto piuttosto gli attacchi informatici e la propaganda: una guerra a colpi di “disinformatia” che prepara la strada ad azioni successive, come avvenuto in Crimea. A parlare così, in un’intervista al Sole 24 Ore, è Linas Antanas Linkevičius, 56 anni, ministro per gli Affari esteri della Lituania, già ministro della Difesa e rappresentante permanente di Vilnius presso la Nato. Inevitabile quindi, alla luce dei suoi trascorsi, partire proprio dalla Nato ai tempi di Donald Trump, che oggi vedrà il debutto – nella ministeriale esteri che si terrà a Bruxelles – del nuovo segretario di Stato Usa Rex Tillerson.
Ministro, la presidenza americana è iniziata con qualche segnale di disimpegno da parte di Washington che ha allarmato gli alleati. Che atteggiamento si aspetta da parte degli Stati Uniti?
Non dobbiamo trarre conclusioni affrettate. Non vedo meno impegno, ma solo una critica alle spese per la difesa, il desiderio comprensibile degli Stati Uniti (che oggi contribuiscono per il 70% al bilancio della Nato) di spingere gli europei a pagare per la sicurezza, senza goderne come di un diritto gratuito. Ma dal Dipartimento di Stato e dal Pentagono ho sentito ribadire l’impegno nei confronti dell’Alleanza.
La Lituania oggi quanto spende?
Abbiamo speso meno del necessario per anni, ora la dinamica è una delle migliori tra i membri Nato: un incremento annuale del budget del 35 per cento. E continueremo, perché questo approccio è condiviso da tutti i partiti, è sostenibile e io credo che raggiungere l’obiettivo Nato del 2% del Pil sia molto importante (secondo gli ultimi dati, la spesa di Vilnius si è attestata nel 2016 all’1,49%, ndr). Come ex ministro della Difesa voglio però aggiungere che non conta solo la quantità di risorse destinate alla difesa, ma anche l’efficienza, il modo in cui vengono spese, senza dimenticare le sfide moderne, dalla cybersicurezza – una delle maggiori minacce future – alla comunicazione.
I Paesi Nato si sono accordati per schierare 4mila uomini nelle Repubbliche baltiche e in Polonia da quest’anno – ci sono mille soldati in Lituania – poi c’è la missione di pattugliamento aereo sulla regione: è abbastanza di fronte alla minaccia dell’espansionsionismo russo?
È certamente un grosso passo avanti che apprezziamo molto, quantomeno ha una funzione di deterrente, mandiamo un messaggio chiaro: che ci siamo, monitoriamo, non trascuriamo la situazione.
Vi preoccupa il dispiegamento di missili Iskander nell’enclave russa di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania?
Siamo piuttosto preoccupati dei metodi russi: Mosca vuole mostrare il suo potere, far vedere chi comanda nella regione, come accade in Ucraina. Ma questi metodi non possono essere tollerati: bisogna rispettare le regole del diritto, che non sono regole inventate da alcuni Paesi. Dobbiamo tenerci pronti al dialogo ma, mi dispiace dirlo, la Russia oggi non è un partner.
Mosca dice però che la sua è una reazione alle provocazioni della Nato: lei cosa risponde? Non c’è il rischio di un’escalation?
È l’ennesima dimostrazione della propaganda russa. Chi segue un po’ più da vicino la situazione può vedere che, in termini di numeri, non c’è paragone: mille soldati in Lituania, mille in Estonia… ma ce ne sono decine o centinaia di migliaia schierati dai russi al confine orientale! E poi una ventina di esercitazioni russe l’anno scorso, la modernizzazione o il riequipaggiamento militare… I russi accusano gli altri di fare ciò che fanno loro, non bisognerebbe prestare molta attenzione a questa propaganda. D’altro canto noi dovremmo fare più campagne informative, anche in Europa occidentale. L’informazione è un’arma molto importante. Un paragone rende l’idea: nelle guerre convenzionali l’artiglieria preparava la battaglia vera e propria, ora – grazie alla propaganda – si può fare il lavaggio del cervello alla popolazione e poi arrivare. Come in Crimea, dove gli abitanti erano convinti che da Kiev stessero arrivando i fascisti per ucciderli e dunque sono stati lieti di accogliere come salvatori i soldati russi. Lì le armi della propaganda sono state usate come artiglieria.
Ma c’è davvero il rischio di un’invasione della Lituania o di un altro Paese baltico?
Sono giorni in cui succedono molte cose difficili da immaginare, ma spero che non siamo arrivati a questo punto: alla totale follia di sfidare la Nato in maniera convenzionale. Ciò con cui dobbiamo piuttosto fare i conti sono i cyber-attacchi, le minacce “ibride”. L’anno scorso ci sono stati circa 300 attacchi informatici contro network governativi; le conseguenze non sono state gravi, ma in futuro chi può dirlo? Stiamo facendo del nostro meglio in collaborazione con il Centro per la cybersicurezza Nato in Estonia e con i nostri alleati, ma servono ulteriori sforzi, sia in ambito pubblico che privato.