Puntuale come un treno svizzero è arrivato l’articolo fake di Sputnik a supporto della FNSI nel processo Markiv, dove va ricordato, la Federazione Nazionale Stampa Italiana si è presentata come parte civile chiedendo centinaia di migliaia di euro di risarcimento qualora Vitaly Markiv venga condannato. E’ un fatto grave in quanto i giornalisti in un processo dovrebbero essere parti terze che raccontano gli eventi e tuttalpiù di incentivo per approfondimenti. Invece qui c’è un ordine di scuderia nel quale si chiede ai maggiori quotidiani italiani di emettere una sentenza di colpevolezza molto prima della sentenza del Tribunale, unicamente per un profitto economico.
Nell’articolo fake di Sputnik, ove come sempre non riporta ne firme ne fonti, menzionano proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana e scrivono : “Stando alle informazioni fornite dal giornalista francese sulle circostanze della morte nel 2014 nella zona ATO dei due giornalisti (l’italiano Andrea Rocchelli e il russo Andrey Mironov, ndr) il Pubblico Ministero di Pavia ha avviato un procedimento penale. Nell’ambito di tale indagine il materiale del giornalista francese dimostra che i succitati reporter sono rimasti uccisi dal fuoco di una suddivisione della Guardia Nazionale ucraina, nella quale prestava servizio Vitaliy Markiv”, si legge in un comunicato pubblicato sul sito del ministero ucraino.
Questa frase virgolettata riporta due grossolani errori, che però l’utente medio non potrebbe mai verificare, e cioè che il Ministero Ucraino non ha mai pubblicato tale comunicato (ed infatti non riportano alcun link nell’articolo perchè è stato inventato di sana pianta) e che il materiale del giornalista francese dimostra…. In realtà il materiale di Roguellon non ha dimostrato proprio niente, semmai ha evidenziato palesi contraddizioni nelle sue diverse versioni fornite ed ha anzi fornito ulteriori elementi utili alla difesa di Markiv.
Più il processo volge verso il termine più gli organi di stampa (che va ricordato il loro organo di rappresentanza nazionale ha puntato come in un gioco una grossa posta su “colpevole” per ottenere centinaia di migliaia di euro di profitto) tentano di inquinare il processo e creare un ambiente ostile ai giurati che si stanno formando il loro giudizio.
Noi di Stopfake abbiamo seguito tutte la fasi del processo ed anche quelle della fase istruttoria, non abbiamo mai cambiato versione perchè la verità è una sola. Siamo stati sulla collina di Karachun mentre l’accusa preparava il processo su Google maps, abbiamo confutato in poche ore il documento presentato dall’accusa e risultato essere un clamoroso falso. Per tutto questo (giustamente) non riceveremo alcun compenso perchè questo è ciò che imporrebbe la deontologia professionale di un giornalista, ricercare la verità, non i soldi.