Di Wayne Jordash e Anna Mykytenko, per Euromaidan Press
Chi lo sa, se Amnesty International avesse fatto le opportune ricerche, avrebbe potuto scoprire che le forze ucraine hanno preso tutte le misure possibili per proteggere i civili dagli effetti delle ostilità, difendendo la popolazione e il territorio dai i crimini delle forze russe, scrivono due importanti esperti di diritto umanitario.
Il diritto umanitario internazionale (IHL) è un corpus di leggi specificamente progettato per proteggere i civili e coloro che hanno deposto le armi.
A tal fine, l’IHL impone a tutte le parti coinvolte in un conflitto armato l’obbligo di rispettare i suoi principi fondamentali, compresa la distinzione tra obiettivi civili e militari e l’adozione di misure precauzionali per proteggere i civili dagli effetti degli attacchi armati, entrambi i quali comportano, in determinate situazioni, determinate restrizioni alla lotta o al dislocamento nelle o intorno alle zone popolate.
Come sembra accettare il governo ucraino, ogni esercito − che si batta per la sua sovranità o per la preservazione del suo popolo o altro − deve rispettare l’IHL ed essere visto farlo. Nessuna parte in guerra, per quanto giusta sia la loro causa, può eludere queste richieste. Stare dalla parte degli angeli non è una difesa.
Ma le organizzazioni per i diritti umani, in particolare quelle con la portata internazionale di Amnesty International (AI), hanno l’obbligo correlato di garantire che le gravi accuse relative ai presunti fallimenti, si basino su un esercizio conoscitivo completo, un approccio metodologico adeguato e conclusioni che tengano conto della realtà del tentativo di un governo assediato, di difendere la sua popolazione dai crimini di guerra sistematici e una campagna persecutoria che comprende crimini contro l’umanità, se non forse il genocidio.
Il comunicato stampa di ieri di Amnesty International non risponde in alcun modo a questo obbligo imperativo, né sembra svolgere alcuna funzione protettiva.
Al contrario, perché i propagandisti russi, mentre festeggiano, stanno aggiungendo alla loro lista sempre crescente un’altra scusa per prendere di mira i civili: accuse come queste potrebbero portare a una minore protezione, non maggiore.
Il comunicato stampa di Amnesty International critica le forze armate ucraine accusandole di gravi violazioni del IHL, ad esempio:
- “Le tattiche dell’Ucraina hanno violato il diritto umanitario internazionale in quanto hanno trasformato i beni civili in obiettivi militari”
- “[L’esercito ucraino non è riuscito] a prendere le possibili precauzioni per proteggere i civili”
- “[le] forze militari ucraine hanno anche regolarmente istituito basi nelle scuole delle città e dei villaggi del Donbass e nella zona di Mykolaiv”.
Il problema, naturalmente, non è la formulazione di queste affermazioni, che devono essere fatte − e fatte chiaramente − se le prove dimostrano che sono vere. Questo è il ruolo di Amnesty International, spesso svolto con grande efficacia.
Ma in questo caso, la metodologia di Amnesty International non è solo poco chiara, ma considera poco o nulla, il contesto militare o umanitario essenziale per qualsiasi visione ragionata di ciò che era (o non era) necessario fare nel contesto militare prevalente.
In queste circostanze, purtroppo, le conclusioni di Amnesty International sfociano in aneddoti e speculazioni mascherate da incontrovertibili fatti e violazioni del IHL.
Mancata presa in considerazione dei dati disponibili
L’incapacità di AI di spiegare la metodologia utilizzata per concludere che l’esercito ucraino “ha messo in pericolo i civili ucraini stabilendo basi e utilizzando sistemi d’arma in aree residenziali, comprese scuole e ospedali” è preoccupante.
Affermando di aver basato la sua analisi su testimonianze, ispezione dei siti colpiti, selezione di criteri e “telerilevamento e analisi delle armi”, Amnesty International elude abilmente qualsiasi esame reale della sua metodologia rifiutando di fornire qualsiasi dettaglio significativo delle loro presunte prove a sostegno.
Il lettore è lasciato a indovinare il numero di testimoni intervistati o di siti colpiti ispezionati, quali criteri di selezione sono stati esaminati e le competenze presumibilmente dispiegate per eseguire il telerilevamento e l’analisi delle armi.
Denigrare l’esercito ucraino in modo così schietto eludendo anche il minimo controllo delle gravi conclusioni raggiunte sembra, nel migliore dei casi, un modo stravagante di convincere un pubblico scettico della loro validità, per non parlare poi di un esercito trasgressore a cambiare rotta.
Come discusso a seguire, le principali questioni di IHL sollevate nel comunicato stampa di Amnesty International riguardano due requisiti fondamentali imposti alle parti in conflitto:
- il principio di distinzione (distinzione tra obiettivi civili e militari)
- l’obbligo di prendere precauzioni per proteggere i civili dagli effetti di un attacco, compresa l’emissione di avvisi efficaci di imminente attacco e l’evacuazione dei civili dalle zone di combattimento per proteggerli dai danni collaterali.
Se AI, o qualsiasi organizzazione per i diritti umani, vuole denunciare eventuali violazioni, deve adoperare l’elevato standard di prova richiesto nelle missioni conoscitive sui diritti umani: lo standard di prova “chiara e convincente“.
Secondo questo standard, una prova è chiara e convincente quando è altamente e sostanzialmente più probabile che sia vera invece che falsa. Questo è un test meno rigoroso del test “oltre ogni ragionevole dubbio“, ma richiede comunque la prova che “c’è un’alta probabilità che un particolare fatto sia vero”.
Come ogni lettore imparziale può vedere, il comunicato stampa di Amnesty International è irrimediabilmente privo di questo tipo di analisi o prove convincenti su questioni di fondamentale importanza.
L’osservazione più ovvia in merito al principio di distinzione deve essere che le forze armate ucraine devono fare ciò che è militarmente necessario.
Non godono della libertà di scelta riguardo a dove difendere. Tale difesa deve corrispondere alla natura, alla scala e al luogo dell’attacco.
Se i russi scelgono di attaccare le aree civili, allora per definizione, i difensori ucraini non hanno altra scelta che posizionarsi ed essere pronti a combattere e sconfiggere l’aggressore russo lì. Questo non è teorico.
Come sa chiunque abbia tenuto d’occhio questa invasione, la Russia, per una questione di strategia, attacca le aree residenziali e cerca di distruggere edifici civili e uccidere cittadini.
I militari ucraini non hanno altra scelta che difendere le loro città e paesi per proteggerne i civili, non solo dalle devastazioni della guerra, ma anche dalla ferocia dell’esercito russo.
Tutti i seguenti fattori sono cruciali:
- ricognizione
- osservazione
- campo di fuoco dei sistemi d’arma
- occultamento e copertura dal fuoco nemico
- vie di avanzata e di ritiro
- e linee di rifornimento.
In effetti, come è evidente, è solo attraverso l’appropriata considerazione di questi fattori che i comandanti ucraini sono stati in grado di organizzare una difesa ampiamente efficace contro le superiori forze russe e quindi di proteggere la popolazione civile.
Un fondamentale fraintendimento della guerra tattica e strategica
Solo attraverso un esame di questi fattori un qualsiasi commissario per i diritti umani può giungere a conclusioni valide in merito alle accuse secondo cui l’Ucraina ha inammissibilmente collocato il suo esercito in aree civili e di conseguenza violato il principio di distinzione.
Come mostra la lettura del comunicato stampa, AI non ha preso in considerazione nessuno di queste situazioni essenziali.
In effetti, come ammette la stessa Amnesty International, la loro analisi non si è basata su una specifica indagine sull’esercito o sulle necessità dell’Ucraina. Come suggeriscono la serietà e l’attenzione che Amnesty International ha per gli attacchi missilistici e i relativi siti colpiti, le “prove” raccolte per accusare l’Ucraina sono state raccolte da un’indagine sugli “attacchi russi”. Tuttavia, questo non spiega perché AI non abbia nemmeno tentato di accertare o analizzare i fatti pertinenti.
Inoltre, gli evidenti deficit analitici non sono sanati dall’affermazione di AI secondo cui le aree residenziali, dove si è schierato l’esercito ucraino, erano
A CHILOMETRI DALLA PRIMA LINEA. ERANO DISPONIBILI ALTERNATIVE VALIDE CHE NON AVREBBERO MESSO IN PERICOLO I CIVILI, COME BASI MILITARI O FITTE AREE BOSCHIVE NELLE VICINANZE, O ALTRE STRUTTURE PIÙ DISTANTI DALLE AREE RESIDENZIALI.
Mettendo da parte l’incapacità di Amnesty International di fornire una spiegazione delle presunte “alternative praticabili”, la loro analisi tradisce un fondamentale fraintendimento della guerra tattica e strategica e delle esigenze correlate alle necessità militari e al IHL in generale.
Le foreste, le basi militari o le località non possono essere scelte solo perché sono lontane dalla popolazione civile. Sono scelti (oppure no), perché soddisfano un particolare obiettivo difensivo; in caso contrario, la difesa fallirà.
Come ogni comandante ucraino sa, e come ha peraltro già riferito Amnesty International, il fallimento sul proprio territorio nella difesa del proprio popolo riserva le conseguenze più terribili ai civili ucraini in generale.
Ai giornalisti viene mostrata una fossa comune a Buca, città ucraina dove le truppe russe hanno ucciso centinaia di civili. Fonte: TSN.ua
L’incapacità analitica di Amnesty International di affrontare le questioni più salienti
Questo potrebbe spiegare perché, in relazione all’adozione di precauzioni contro gli effetti di un attacco, l’IHL non vieta in modo assoluto e incondizionato il dispiegamento di obiettivi militari nelle aree urbane o il movimento di veicoli militari attraverso aree popolate. Al contrario, l’IHL obbliga le parti in conflitto a prendere precauzioni atte a proteggere la popolazione civile dagli effetti degli attacchi.
L’Ucraina, in quanto parte in difesa, deve sforzarsi “nella massima misura possibile“:
- (i) rimuovere cittadini e beni civili dalle vicinanze di obiettivi militari ed evitare di localizzare obiettivi militari all’interno o in prossimità di zone densamente popolate e
- (ii) prendere altre precauzioni necessarie a proteggere la popolazione e i beni civili dai pericoli derivanti dalle operazioni militari.
Come il CICR (Comitato internazionale della Croce Rossa) ha riconosciuto, efficaci misure precauzionali possono assumere molte forme, tra cui la
“COSTRUZIONE DI RIFUGI, SCAVO DI TRINCEE, DISTRIBUZIONE DI INFORMAZIONI E DI AVVERTIMENTI, TRASFERIMENTO DELLA POPOLAZIONE CIVILE VERSO LUOGHI SICURI, INDICAZIONI SUL TRAFFICO, PROTEZIONE DELLA PROPRIETÀ CIVILE E MOBILITAZIONE DI ORGANIZZAZIONI DI DIFESA CIVILE.. [QUESTE SONO].. MISURE CHE POSSONO ESSERE ADOTTATE PER RISPARMIARE LA POPOLAZIONE CIVILE E I BENI CIVILI SOTTO IL CONTROLLO DI UNA PARTE DEL CONFLITTO”.
Ciò che è fattibile dipenderà dall’ambiente sotto attacco e da una serie di fattori tra cui tempo, terreno, situazione meteo, capacità, truppe e risorse disponibili, attività nemiche e considerazioni di natura civile. La fattibilità delle misure precauzionali è valutata caso per caso tenendo conto di.
“TUTTE LE CIRCOSTANZE DEL MOMENTO”, COMPRESO CHE IL POTERE DECISIONALE DELLO STATO O DEL COMANDANTE È LIMITATO DALLA LORO CONOSCENZA E DALLE CIRCOSTANZE DEL MOMENTO E NON PUÒ ESSERE OGGETTO DI ANALISI SUCCESSIVAMENTE INFORMATE.
Come è evidente, non ci sono indizi all’interno del comunicato stampa che suggeriscano che AI abbia preso in considerazione tali questioni, per non parlare della possibilità di avervi tratto delle conclusioni ragionevoli.
Un soldato ucraino a Mykolaiv, sistematicamente sotto attacco dei missili russi, oltrepassa guidando i cartelloni pubblicitari sui quali è scritto “Mykolaiv è Ucraina” e “Grazie, forze armate dell’Ucraina.”
Fonte: Ministero della Difesa ucraino
Al contrario, Amnesty International sembra aver evitato di proposito questa analisi. Stando ai commenti della sua controparte ucraina, AI ha dovuto essere “convinta” persino a chiedere il commento ufficiale del Ministero della Difesa ucraino (MOD).
Secondo Amnesty International, l’organizzazione ha contattato il MOD “con le sue conclusioni il 29 luglio, ma il ministero alla data della pubblicazione non aveva ancora risposto.” Il comunicato stampa è stato pubblicato la mattina del 4 agosto, concedendo quindi al MOD – che possiamo tranquillamente presumere sia attualmente più che utilmente impiegato – tre giorni lavorativi per rispondere.
Mettendo da parte questo lasso di tempo assurdamente breve, anche la formulazione di Amnesty International suggerisce il fallimento analitico.
Contattare il MOD non è da considerarsi una cortesia, ma un requisito fondamentale per chi ha l’intenzione di giungere a conclusioni corrette.
In quale altro modo Amnesty International pensava di poter analizzare le questioni cruciali, senza sapere cosa, se non altro, aveva portato l’esercito ucraino a dispiegarsi nelle aree residenziali?
Quali erano le necessità militari? C’erano valide alternative? I militari hanno fornito avvertimenti (come numerose prove dimostrano categoricamente abbiano fatto in numerose occasioni dal 24 febbraio)?
Ha il governo ucraino e le forze militari operato nella “massima misura possibile“, trasferendo cittadini e beni civili dalla vicinanza di obiettivi militari? Ancora una volta, come le prove dimostrano categoricamente, è stato fatto in numerose occasioni attraverso la fornitura dei mezzi di evacuazione per i civili (ad esempio in treno), e impegnando la polizia e il personale dei servizi di emergenza in supporto a tali operazioni.
In sintesi, le conclusioni di Amnesty International sono brevi sui fatti e sulle analisi, e lunghe nelle accuse eccessive.
Amnesty International sembra non essersi occupata delle questioni più salienti. Se lo avesse fatto, gli autori del comunicato stampa avrebbero, come minimo, cercato di ricostruire l’attività militare dell’epoca e si sarebbero concentrati sugli sforzi compiuti dall’esercito ucraino all’epoca attivo nel difendere i luoghi e la popolazione civile assediata.
Per lo meno, avrebbero parlato con il MOD ucraino e qualsiasi organizzazione umanitaria locale altamente professionale che ha operato sul campo in quel periodo.
Chi lo sa, se Amnesty International lo avesse fatto, avrebbe potuto scoprire che le forze ucraine hanno adottato tutte le misure possibili per proteggere i civili dagli effetti delle ostilità, difendendo popolazione e territorio dai crimini delle forze russe. Sarebbe stata una conclusione più pacata, più sobria, ma forse più leale.
Nota della Redazione
In seguito alla pubblicazione del comunicato di Amnesty International secondo cui l’esercito ucraino avrebbe messo in pericolo i civili, la responsabile di Amnesty International Ucraina, Oksana Pokalchuk, ha fatto sapere che AI Ucraina non ha preso parte alla pubblicazione del rapporto, dato che le loro raccomandazioni sono state ignorate dalla sede centrale.
In seguito, sia la portavoce di Amnesty Ucraina che la Pokalchuk si sono dimesse in conseguenza al rapporto dell’Ufficio internazionale.
I funzionari ucraini hanno risposto alle accuse di Amnesty International contro le forze armate ucraine definendole “ingiuste”, “manipolative”, riportanti “una falsa equiparazione tra la vittima e il criminale.” L’Ucraina adotta sistematicamente le misure necessarie a proteggere i civili − ed è aperta alle indagini internazionali, mentre la Russia blocca ogni accesso ai territori occupati − ma un rapporto che esamina solo le azioni della vittima non può essere obiettivo. I principali sforzi delle organizzazioni internazionali volti a porre fine alla guerra, dovrebbero essere diretti alla Russia, non spesi per istruire l’esercito ucraino su come ci si dovrebbe difendere dal genocidio, hanno affermato i funzionari.
Una versione di questo articolo è apparso in ucraino su Ukrainska Pravda.
Di Wayne Jordash e Anna Mykytenko, per Euromaidan Press
Wayne Jordash è il direttore della Global Rights Compliance Foundation e un avvocato leader a livello mondiale specializzato in diritto umanitario internazionale e diritto internazionale dei diritti umani, in particolare nelle aree ad alto rischio e colpite da conflitti.
Anna Mykytenko è Alto Consigliere e Country Manager dell’Ucraina presso la Global Rights Compliance Foundation. Anna fornisce consulenza alle autorità statali ucraine in merito al rispetto del diritto umanitario internazionale e alle indagini e al perseguimento dei crimini internazionali.