La Russia può essere un luogo estremamente difficile dove fare giornalismo indipendente; l’uccisione della giornalista e attivista Anna Politkovskaya nel 2006 avrebbe dovuto renderlo evidente. Ma il giornalismo non è l’unica fonte di informazione che è sotto minaccia in Russia. Un nuovo rapporto di PEN America denuncia come la confluenza di leggi apparentemente volte a combattere il terrorismo e l’odio religioso, a proteggere i bambini, hanno invece creato un ambiente in cui è sempre più difficile pubblicare notizie, mandarle in onda sulle TV indipendenti o mettere in scena produzioni teatrali e musicali che non seguono la linea del partito.

Il rapporto, “Libertà di espressione in pericolo: Attacchi alla libera espressione nella Russia di Putin“, ripercorre il modo in cui i vari filoni della legislazione russa hanno concorso per aumentare la stretta sull’informazione.

Una legge del 2002 che è diretta a combattere il terrorismo “mira a colpire i discorsi, le pubblicazioni, i gruppi e le idee presunte estremiste, un concetto con una ampia possibilità di interpretazione di tipo soggettivo da parte dei funzionari.” A questo si aggiunge un articolo del codice penale russo che criminalizza una qualsiasi azione che potrebbe essere interpretata come “incitamento all’odio o all’ostilità” o “l’umiliazione della dignità umana” sulla base di una serie di categorie di identità americane. Negli Stati Uniti, una legge del genere potrebbe essere mirata a proteggere i membri delle minoranze, mentre in Russia avvantaggia già potenti associazioni religiose che hanno posizioni conservatrici.

Queste disposizioni sono quelle relative alla legge sulla protezione dei bambini da informazioni dannose per la loro salute e per il loro sviluppo, approvate nel 2010, che hanno previsto una diffusa etichettatura dei contenuti e hanno dato alle agenzie governative ampia discrezionalità nel reprimere i contenuti che potrebbero essere interpretati come violenti o sull’uso di droghe. Infine una legge del 2013 dà un ulteriore giro di vite sui contenuti che trattano le persone omosessuali che in nessun caso possono essere viste in un’ottica positiva.

La relazione rileva acutamente, che il servizio Federale russo per la supervisione delle comunicazioni, Information Technology, e Mass media (in russo, il Roskomnadzor) non può assolutamente tenere il passo con l’enorme volume di materiale pubblicato e che circola in Russia, soprattutto quello pubblicato sui social media. Ma mentre è quindi quasi impossibile una censura ed un controllo preventivo, è invece possibile agire in maniera arbitraria ed in maniera più efficace nel periodo successivo.

Essendo che l’agenzia basa il suo lavoro su denunce create ad arte per determinare ciò su cui si deve indagare, si apre la strada alla manipolazione da parte di gruppi esterni e di attivisti che possono essere legati all’amministrazione. Il destino di un libro per bambini chiamato “Flags of the World”, che spiega il simbolismo delle bandiere nazionali è un esempio istruttivo. Il libro è finito nei guai dopo che un politico russo ha lamentato il fatto che sotto la voce Lituania ha osservato che nella descrizione viene riportato che il paese ha combattuto contro il dominio russo. Per questo è stato definito “Russophobico.” Il politico ha twittato che avrebbe inoltrato un reclamo per la voce incriminata e “Il giorno dopo la libreria ha restituito tutte le copie invendute all’editore e nella settimana successiva circa il 60% di tutte le copie invendute sono stati restituite dai numerosi negozianti e distributori.”

“La selezione   e, a volte, l’arbitrarietà dei protocolli di applicazione di Roskomnadzor creano una significativa   incertezza tra gli scrittori, gli editori, i broadcaster, e i webmaster dei siti web con la conseguente autocensura, una via per evitare regole incerte e una applicazione arbitraria”

“Nell’informazione,« in assenza di linee guida chiare (che è il modo in cui il governo di Putin ama muoversi in generale), le persone sono lasciate nella condizione di esplorare i confini del proprio coraggio.”

I miei colleghi ed io abbiamo avuto la fortuna in gennaio di incontrare diversi artisti ed editori che si sono confidati con PEN America

Maria Stepanova, poeta ed editor di Colta.ru, un sito di cultura on-line, ha detto “una sottocultura creata da quelli come noi che hanno un senso comune delle cose ” che tentiamo di respingere gli sforzi del Governo russo di riscrivere la storia sovietica usando “non tanto la repressione, ma la distorsione dei fatti.” La Stepanova sostiene che questa ossessione della riscrittura e la venerazione del passato russo siano parte di un piano per distrarre i cittadini russi dalle prospettive future del loro paese e del loro stesso futuro. “Quando sei così immerso nel passato, quando sei così ossessionato dal passato, non hai speranza per un futuro”.

Anna Nemzer, un scrittrice e redattrice presso una delle poche reti televisive russe indipendenti rimaste, ha osservato che la revisione della storia serve anche ad un altro scopo “L’idea che [il defunto dittatore Joseph] Stalin era un manager efficace [piuttosto che un tiranno ] … E’ un modo per legittimare il modus operandi di Putin “.

Ilya Danishevsky, un editor di una casa editrice chiamata Vremena, sostiene che ciò che l’amministrazione è riuscita a fare con successo è di mettere gli individui nella società russa uno contro l’altro, eliminando la necessità di un intervento ufficiale del governo nei grandi dibattiti intellettuali sulla quotidianeità.

Ludmila Ulitskaya, autorice di “La grande tenda verde“, narra di un gruppo di amici che si incontrano a Mosca nel 1950 e diventano parte di un gruppo dissidente, dopo la morte di Stalin. Lei ha previsto che la censura attiva sarebbe diventata più pressante, perché gli autori avevano trovato dei modi di parlare in codice senza infrangere le leggi vigenti. La Stepanova sostiene che un clima di paura ed un mercato distorto comporta che gli artisti non possano evolversi e migliorare la qualità dei loro lavori, questo comporta un enorme danno per la cultura russa.

“Oggi non c’è bisogno di mettere milioni di persone in carcere o ucciderli”, ha detto la Stepanova. “Basta solo spaventarli. E funziona. ”

Di Alyssa Rosenberg, The Washington Post