Ci è stato segnalato questo servizio andato in onda il 16 ottobre su Rete 4 intitolato “doppie verità”. Non è forse un caso che il servizio sia andato in onda sulle emittenti di Berlusconi e che nel servizio stesso siano usate le keywords più utilizzate dalla disinformazione russa sull’Ucraina.
Al minuto 0:15:50 nell’introduzione di Toni Capuozzo viene detto “Non fu una morte casuale, quasi un omicidio mirato, a Kiev in Ucraina l’indagine è quasi ferma, per non dire ferma ma dire ferma è un eufemismo”, “attorno alla sua vicenda molto silenzio, perche ? perchè per chi è abituato a dividere il mondo in buoni tutti da una parte e cattivi tutti dall’altra, beh la morte di Rocchelli è stata opera dei Buoni e non dei separatisti filorussi, ma gli ucraini filo occidentali“
Il concetto deve apparire chiaro da subito, Markiv è un assassino, e Rocchelli è stato assassinato da quelli che la comunità internazionale identifica nei buoni e cioè gli ucraini. Nel servizio si ripete spesso la keywords “filorussi”,”separatisti”,”ribelli” etc.
Ammissione della stessa giornalista, Lorena Bari (colei che ha montato effettivamente il servizio), la quale ammette forse involontariamente ammette che tramite l’uso dei termini si identifica da che parte si sta “la battaglia è anche sull’uso delle parole, definizioni che schierano. Da che parte stai lo si capisce se chiami quello che accade nelle regioni a est rivolta, guerra civile, conflitto“. Analizzando il servizio di Terra si ha la netta sensazione che la redazione sia schierata dalla parte di coloro che considerano “filorussi”. Ciò è quello che emerge dai termini utilizzati.
Va detto per onestà intellettuale che è stato inserito anche il punto di vista di una valida giornalista ucraina Olga Tokariuk che lavora per Hromadske.
Un termine usato è anche quello di “Tra nazionalismi esasperati” che è utilizzato dalla propaganda russa nel tentativo di descrivere il conflitto russo-ucraino come una guerra civile.
Continuando nell’analisi del servizio troviamo un’altro punto abbastanza controverso, quando si parla della popolazione civile in Donbas che si trova sulla linea del fronte “senz’acqua, luce, riscaldamento, scuola e lavoro“. In realtà questo non corrisponde al vero in quanto ad Avdiivka, per esempio, la città più popolosa interessata dal conflitto la gente lavora, le scuole sono regolarmente aperte, c’è la luce, il riscaldamento. La guerra dista da Avdiivka meno di due km..
“E’ questo che Andrea Rocchelli voleva raccontare“. Errato, Rocchelli era a Sloviansk nel 2014 dove si c’era la guerra ma la vita continuava seppur tra difficoltà tra la popolazione civile. Piuttosto Andrea raccontava le storie di tante famiglie che si erano trovate con gli appartamenti occupati da truppe irregolari e milizie russe ed avevano fatto dei loro appartamenti dei presidi militari. Aveva anche raccontato la vita negli shelter delle case vicine alla collina di Karachun, luogo molto caldo in quelle settimane in quanto sottoposto a continui bombardamenti da parte delle truppe russe nel tentativo di conquistare quella collina che resistette sino alla liberazione della città. Va detto che il resto della città di 110.000 abitanti continuava a vivere e lavorare in una situazione di quasi normalità.
La giornalista parla anche di Andrey Mironov definito giustamente un dissidente russo. Non si chiede però quale potesse essere la motivazione per l’esercito ucraino di ucciderlo visto che per le cose che scriveva era invece un alleato.
Nel servizo Lorena Bari dice “Le armi leggere che centrano il Taxi” questo fatto è stato ampiamente dimostrato che non potevano essere le armi leggere degli ucraini a colpire il taxi in quanto posizionate a due km di distanza. La giornalista avrebbe forse dovuto porsi l’interrogativo di chi poteva aver sparato sul taxi.
La dichiarazione di Roguellon poi discosta con quanto dichiarato dallo stesso agli inquirenti italiani, circostanza in cui il giornalista ha dichiarato che quando sono arrivati la situazione era assolutamente tranquilla ed hanno girato tranquilla mente e scattato foto per diversi minuti. Ma anche questo particolare sfugge a chi ha confezionato il servizio. Tra due settimane conosceremo quale sarà la versione processuale di Roguellon.
Un’altro passaggio di propaganda si ha quando definisce “Markiv un foreign Fighter“, nonostante sia consapevole che sia un ragazzo ucraino che viveva in Italia ma che allo scoppio della guerra ha deciso di tornare in Patria per arruolarsi nella Guardia Nazionale. Tale circostanza è ammessa anche dall’organo inquirente che parla di un ritorno in “madrepatria”.
Possiamo immaginare che la giornalista non fosse a conoscenza di tutti i particolari che discolpano Vitali Markiv ?
La risposta è NO e la riprova è un fotogramma nel servizio nel quale viene mostrato proprio l’articolo di StopFake dove veniva proposta una dettagliata ricostruzione dei fatti. Tale articolo viene definito “Tifo di una parte o dell’altra, più che di valutazioni oggettive“, lasciando intendere che a differenza del lavoro di StopFake il loro servizio è bastato su “valutazioni oggettive“. Nessun appunto o tentativo invece di confutare quanto da noi scritto nella nostra precedente analisi.
Verso la fine del servizio arriva quasi inatteso un assist, forse non voluto, alla difesa di Vitaly Markiv. I giornalisti Andrea Sceresini e Alfredo Bosco da anni impegnati a raccontare le gesta delle milizie russe nel Donbas, hanno intervistato due soggetti presenti quel giorno a Sloviansk. Il soldato ammette la distanza di due Km tra loro e gli ucraini e parla di bombardamento e non colpi di armi leggere, “Eravamo asserragliati nel treno blindato, in difesa” “si era tutti li mentre i reporter erano a circa duecento, trecento metri” “Noi eravamo a due km dalle posizioni ucraine” “vicino al treno blindato, la nostra posizione“.
Questo è un punto molto importante in quanto l’unico testimone di quella vicenda presente al processo , Roguellon, nella sua deposizione agli organi inquirenti italiani dice di essere arrivato in una zona vicino al treno ove non vi era la presenza di soldati e che la situazione era del tutto tranquilla.
L’intervista di Sceresini dimostra invece che la postazione in cui si sono portati i giornalisti era una importante postazione militare dei cosiddetti “separatisti“, i quali erano presenti in un numero importante. Sul luogo inoltre si stava svolgendo una battaglia durata più di un’ora e mezza. Lo scambio di colpi di mortaio non era pertanto dovuto alla presenza dei giornalisti, ma bensì si trattava di una normale (in quei giorni) fase di guerra nella quale le truppe separatiste cercavano di prendere il controllo della collina di Karachun e le truppe ucraine asserragliate in cima difendevano le postazioni dagli assalti.
In definitiva la cosa che nessuno ha ancora saputo spiegare e che tutti i “giornalisti” sino ad ora si sono guardati bene dal sollevare è chi abbia aperto il fuoco con armi leggere contro il taxi di Rocchelli visto che dalla collina non avrebbero potuto colpirlo.
Il servizio si chiude con queste parole : “Saranno le indagini italiane a far emergere eventuali responsabilità penali di Markiv o a delineare la morte di Andy Rocchelli come tragico danno collaterale“
Questa ultima frase sembra invece una presa di coscienza che tende a preparare il pubblico della probabile assoluzione di Markiv al processo di novembre. A quel punto si potrà parlare di una sentenza “ingiusta“. Infatti coloro che conoscono bene la vicenda non faticano a prevedere una assoluzione per Vitaly Markiv basando i loro giudizi su una serie di dati oggettivi ed incontrovertibili che per forza di cose andranno a formare la prova durante il processo. Finalmente si chiude il processo mediatico e si apre quello vero.