Intervista ad Alexandr Dugin, ideologo dello zar russo. “Il governo Lega-M5s è il primo passo storico verso l’affermazione irreversibile del populismo. Una nuova identità che guarda con fiducia alla Russia”
Alexandr Dugin è in Italia. Il filosofo russo, le cui idee sono considerate ispiratrici delle politiche di Vladimir Putin, sta girando da nord a sud tutto lo stivale per realizzare una serie d incontri: due pubblici e molti in forma privata. Quelli pubblici sono stati ampiamente pubblicizzati: il primo a Milano in occasione di una conferenza che lo hanno visto affiancato da altri relatori quali il filosofo Diego Fusaro e il responsabile culturale di Casapound Adriano Scianca; il secondo a Roma presso la sede di Casapound dove parlerà insieme ai vertici del movimento fascista, all’editore di destra Maurizio Murelli e a Giulietto Chiesa. Destra e sinistra che si riuniscono dunque intorno all’emissario russo, che però non si sbottona circa i suoi incontri riservati. Quello che lascia intendere è che non sia un caso che il suo viaggio italiano avvenga a poche settimane dall’insediamento del governo populista. Un viaggio analogo era stato fatto poche settimane fa da Steve Bannon, coordinatore americano dei populisti di tutte le latitudini e in passato consigliere di Donald Trump. Con Bannon Dugin condivide alcune sensibilità: “Non sono d’accordo con la sua visione sull’Iran e su Israele” spiega intervistato da Huffpost. Specificando però che entrambi nutrono ampia fiducia nei populisti italiani.
Professor Dugin, in Italia Lei viene spesso visto come l’ideologo e l’ambasciatore di Putin. È vero?
Non sono un rappresentante di Putin, rappresento invece il popolo, lo Stato e la cultura russa. Sono un filosofo che lavora con il mondo delle idee e che si cala nella dimensione pratica della politica. La filosofia non è possibile senza politica come la politica non è possibile senza filosofia, non si può organizzare una società senza avere idee. La mia missione è quella di incanalare l’idea russa nel mondo concreto. Da oltre 30 anni mi occupo di questa idea, ho pubblicato oltre sessanta libri in decine di lingue, ho iniziato ad occuparmene molto prima di Putin, quando lui era ancora un agente del Kgb. Negli anni ottanta ho conosciuto il tradizionalismo e le idee della rivoluzione conservatrice che ho iniziato ad applicare alla geopolitica russa teorizzando il ritorno alla sovranità imperiale. Per questo nell’Unione Sovietica venivo considerato come un dissidente di destra mentre nel decennio di Eltsin venni bandito totalmente dalla vita pubblica per le mie idee. E’ in questo periodo che ho sviluppato un’idea che è anticomunista ma anche antiliberale. In quegli anni la caduta dell’Unione Sovietica aveva lasciato un enorme vuoto ideologico e valoriale nelle istituzioni e nell’esercito. Dal 1991 ho dunque iniziato a tentare di colmare questo vuoto diffondendo le mie idee negli ambienti dello Stato maggiore russo e dell’esercito. Ai militari spiegavo perché l’Occidente continuasse a fare pressione sulla Russia nonostante la Guerra Fredda fosse finita e perché fosse necessario sviluppare un’idea della geopolitica russa che guardasse all’Eurasia e non fosse appiattita alle scuole di pensiero occidentali ma che anzi ne fosse l’esatto opposto. Così quando Putin è salito al potere, pur essendo politicamente contiguo a Eltsin, è stato influenzato da questo terreno che avevo seminato e ha iniziato ad incarnare la mia visione della geopolitica facendo proprie le mie teorie. Ha iniziato a promuovere l’unione euroasiatica, a difendere la sovranità dei popoli pur non ricadendo in un nazionalismo di stampo ottocentesco, mi ha permesso di tornare ad apparire in televisione e a tenere incontri pubblici. È questa l’influenza che ho su di lui. Un’influenza razionale su un uomo realista quale lui è e che ha capito che le mie teorie sono le più valide per garantire una degna collocazione della Russia nel globo facendo fronte alle pressioni dell’Occidente. Alcuni mi ritengono essere il consigliere di Putin. Non è vero. La mia influenza su di lui è molto più forte di quella che potrebbe essere quella di due persone con un rapporto diretto ed emotivo. Quello che l’Occidente non capisce è che Putin non è mosso da principi reali bensì dal pragmatismo della Realpolitik.
Ci spieghi dunque la visione che Putin ha della Russia, dell’Europa e del mondo. In che misura la sua politica internazionale riflette le idee che Lei ha teorizzato?
L’idea di fondo che condividiamo è il superamento delle ideologie novecentesche sia sul piano valoriale che su quello geopolitico a favore di quella che ho chiamato la Quarta Teoria Politica, che è l’ultima tappa dello sviluppo del mio pensiero. Il suo inizio risale ai tempi dell’Unione Sovietica quando ho iniziato ad essere influenzato dalle idee tradizionaliste di Julius Evola e di Renè Guenon. Con l’avvento in Russia del liberalismo mi sono reso conto di come il comunismo fosse meglio del liberalismo e ho quindi sviluppato una critica antiliberale che sintetizza le critiche al capitalismo provenienti sia da destra che da sinistra. In quegli anni si stava diffondendo nel mondo una mentalità che in Occidente è ancora oggi molto forte e che coniuga le idee di sinistra, mi riferisco al marxismo culturale, con le dottrine economiche liberali di destra. Io ho voluto fare esattamente l’opposto sintetizzando le teorie sociali della sinistra economica con i valori tradizionali. Insieme a Eduard Limonov ho fondato il partito nazionalbolscevico russo per promuovere questa Weltanschauung, dopo qualche anno mi sono però staccato da Limonov e dal suo egocentrismo per applicare le idee del nazionalbolscevismo alla geopolitica. E’ in quel momento che sono arrivato alla Quarta Teoria Politica e alle idee che Putin ha fatto proprie. Non è sufficiente unire la destra e la sinistra, bisogna superare queste categorie. Bisogna superare le tre grandi ideologie del Novecento – il fascismo, il comunismo ed il liberalismo – per arrivare ad una quarta dimensione. Per farlo è oggi necessario criticare radicalmente la modernità, superando anche l’ideologia dei diritti umani senza mai cadere nel fascismo o nel comunismo. Tutte e tre le ideologie novecentesche sono occidentali, eurocentriche e moderne, io voglio invece riscoprire valori premoderni presenti nelle grandi civiltà sia orientali che occidentali. L’applicazione di queste idee alla geopolitica si traduce nella promozione di una visione del mondo multipolare che Putin ha fatto propria.
Ritiene che sullo scacchiere internazionale la visione multipolare di Putin sia conciliabile con le istanze dell’Occidente?
L’Occidente promuove una visione del mondo globalista e a un unica dimensione. Secondo il multipolarismo e la Quarta Teoria Politica, invece, non esiste un’unica civiltà bensì tante diverse civiltà indipendenti il cui sviluppo non è comparabile. Non si può dunque giudicare l’una come migliore o peggiore dell’altra. Per questo la Quarta Teoria Politica ed il multipolarismo non riconoscono una storia universale valida per tutti i popoli e tutte le culture come non riconoscono la validità di un unico Stato globalista che governi tutti i popoli e tutte le culture come pensano invece le elites occidentali.
Sa che in Occidente queste idee sono diffuse spesso dall’estrema sinistra ma ancora di più dall’estrema destra?
Estrema sinistra ed estrema destra sono dei simulacri novecenteschi legati ancora al concetto di nazione di stampo ottocentesco. Lo Stato nazionale deve essere sviluppato in un concetto di civiltà, come Samuel Huntington aveva già capito nei primi anni novanta. È necessario invece superare Westphalia e riconoscere la moltitudine del concetto heiddegeriano del Dasein che è il presupposto necessario per il riconoscimento di diverse civiltà. Heiddegger criticava il liberalismo e il comunismo ma anche e molto profondamente il nazionalsocialismo che accusa di essere razzista e e meccanicista. La Quarta Teoria Politica non è una mera terza posizione tra liberalismo e comunismo. Con essa riprendo questa critica attaccando il fascismo, il nazionalismo e le loro espressioni razziste che sono state uno strumento di colonialismo eurocentrico da parte dell’Occidente che compromettono lo sviluppo indipendente delle diverse civiltà. Oggi questo fascismo non trova spazio in Occidente, lo trova invece il populismo che è un fenomeno fondamentale.
Quali sono, secondo Lei, le differenze tra il populismo di oggi e il nazionalismo del passato?
Il populismo è una reazione alle elite globali e liberali che non ha origine in nessuna ideologia novecentesca, né nel comunismo né nel fascismo. Proviene invece dal popolo che si pone così come un nuovo concetto politico ed ideologico. Il populismo mischia la richiesta di giustizia sociale con la domanda per il ritorno a valori conservatori, non è né di destra né di sinistra, semplicemente è antiliberale. Deve essere concepito come un concetto che va oltre la destra e la sinistra. È la reazione contro le elite di un popolo che si pone come protagonista e che è anche il protagonista della Quarta Teoria Politica.
Se il populismo è il protagonista della Quarta Teoria Politica e del multipolarismo allora il nuovo governo italiano potrebbe assumere una importanza rilevante agli occhi della Russia…
L’Italia è oggi l’avanguardia geopolitica portatrice della Quarta Teoria Politica. La formazione di un governo che unisca Lega e Movimento Cinque Stelle è il primo passo storico verso l’affermazione irreversibile del populismo e la transizione verso un mondo multipolare. Non vedo una strategia precisa dietro questo governo. Vedo invece una reazione sana e giusta contro la dominazione delle elite transnazionali da parte del popolo che trova espressione in questo nuovo esecutivo. Destra e sinistra si sono trovate ad unirsi per creare questa nuova identità politica che inevitabilmente guarda con fiducia alla Russia di Putin. È un passo decisivo verso la Quarta Teoria Politica e verso la morte di Soros.
Ritiene che il caso italiano possa rappresentare un precedente per altri populismo nel mondo?
L’Italia non è un caso isolato. Non dimentichiamoci il caso di Trump, personaggio che io ho inizialmente sopravvalutato ma che esprime con chiarezza questo sentimento di protesta e rivolta contro le elite globaliste. Trump sta mostrando di come lo Stato profondo americano sia molto più potente di quanto non voglia dare a vedere pubblicamente e che non vuole per esempio disimpegnarsi dalla Siria come era invece stato promesso. Non dimentichiamo poi alcune altre espressioni del populismo in Germania, con il partito di Alternative fuer Deutschland che raccoglie un malcontento diffuso e ramificato, e soprattutto la Francia, dove se i due principali movimenti populisti – la destra di Le Pen e la sinistra di Melanchon – si unissero sarebbero la prima forza nazionale. Spesso queste sintesi sono ancora compromesse dai retaggi delle ideologie del novecento.
In Francia, per esempio, destra e sinistra si sono più volte unite nel cosiddetto Fronte Repubblicano per impedire l’affermazione della famiglia Le Pen in nome della difesa del valori democratici e dell’antifascismo. Come giudica il concetto di antifascismo?
Lo giudico come equivalente dell’anticomunismo. Entrambi sono due maligni strumenti di manipolazione per evitare l’affermazione del populismo. Se i populisti sono antiliberali e l’antifascismo si pone come baluardo contro i populisti allora diventa automaticamente il baluardo di difesa del liberalismo, delle elite globaliste e del terrorismo propagandistico di Soros. L’antifascismo viene utilizzato dalla sinistra per demonizzare i suoi avversari e spingerli nel ghetto del fascismo, l’anticomunismo è strumento della destra per colpire chi chiede giustizia sociale. Antifascismo e anticomunismo sono forme politiche per reprimere la giusta protesta dei popoli contro il pensiero unico. Io non amo né il fascismo né il comunismo. Ma l’antifascismo e l’anticomunismo sono addirittura peggio.
Fonte : HuffingtonPost