Se il povero Andy fosse ancora con noi sono sicuro che si arrabbierebbe molto con un certo tipo di giornalismo militante. Lui, sebbene giovane, era della scuola di coloro che per poter scrivere e raccontare di una cosa, andavano direttamente la dove avvenivano i fatti a rischio della propria incolumità, a differenza di coloro che scrivono di cose di cui non hanno la minima conoscenza e non pensano neanche lontanamente di andare a verificare i fatti laddove sono avvenuti.
Mi è capitato spesso di incontrare altri giornalisti sulla linea del fronte, magari con visioni differenti della mia, ma ci accomuna il fatto che nutriamo poca considerazione per i “giornalisti” che scrivono di fatti senza averne conoscenza e senza essere andati a verificare de visu. Rocchelli era uno che voleva documentare, mosso dalla passione che muove tutti i Giornalisti con la G maiuscola, raccontare dei fatti a chi vive lontano da essi e magari con i propri racconti anche aiutare i protagonisti delle nostre storie. Per questo sono sicuro che al povero Rocchelli non stia piacendo quanto sta accadendo intorno la sua memoria, anche il mercimonio messo in atto da terze persone non rende onore alla sua memoria.
Nel processo a Vitaly Markiv sono già molti i giornalisti italiani ad aver scritto articoli nei quali si descrivono fatti e luoghi in cui non sono mai stati e di cui hanno una scarsa conoscenza. Spesso si tratta di articoli costruiti sulle linee dettate dalla disinformazione, creati attorno a delle parole chiave, pieni di errori (anche ortografici) come nell’articolo che ci apprestiamo ad analizzare.
Andreotti amava dire che a pensar male a volte ci si azzecca, non può quindi non sorgere il dubbio che tutti questi articoli siano in qualche modo legati alla richiesta economica fatta dalla federazione Nazionale della Stampa come parte civile in questo processo. Non può non venire il dubbio che non emergendo prove circa la colpevolezza di Markiv si tenti di costruire un giudizio mediatico per influenzare in qualche modo la Corte.
Di certo l’articolo di Fabrizio Gatti pubblicato questa settimana su “L’Espresso” non sarà l’ultimo della serie, anzi più il processo procederà verso la fase conclusiva, più la stampa probabilmente tenterà di supportare una tesi accusatoria che fa acqua da tutte le parti. Il post dell’avvocato Ballerini nel quale ringrazia Fabrizio Gatti dell’articolo, certo non aiuta a dissipare i dubbi di una sorta di “alleanza” tra accusa e stampa italiana per arrivare in qualsiasi modo ad in giudizio di colpevolezza per Markiv.
Prova che ci troviamo di fronte ad un giornalismo fazioso, ce la fornisce questo articolo di Fabrizio Gatti che è stato pubblicato una settimana dopo che Stopfake ha dimostrato che l’accusa ha presentato in aula un documento falso. Di tale gravissimo fatto non si è occupato nessun media italiano eccezion fatta per un articolo di Open. Nell’articolo di Gatti non vi è alcuna menzione a questo gravissimo fatto.
Proviamo ad analizzare l’articolo nella sua interezza.
Primo paragrafo, “ancora una volta beffa i due agenti di scorta “Gloria” urla a squarciagola”
“Ancora una volta beffa” già indicherebbe che il Markiv ha fatto altre azioni per prendere in giro gli uomini della scorta, quali ? Ovviamente non sono menzionate perché non esistono queste azioni. Il Markiv non beffa nessuno ma semplicemente risponde al saluto militare che genitori e amici gli rivolgono quando entra in aula. “urla a squarciagola” Falso, risponde a bassa voce che quasi nessuno sente.
“Uomini con i capelli rasati venuti apposta a vederlo risponde all’unisono ‘All’Ucraina’” I capelli rasati sono dovuti all’età media dei presenti over 50 e non come vorrebbe forse lasciar supporre il giornalista ai lettori, simbolo di una accolita di neonazisti. Caro Gatti conosciamo bene le tecniche comunicative….. Fare trasparire tra le righe una equivalenza testa rasata = nazista non le fa onore perché come si evince dalla foto i capelli rasati sono abbastanza comuni tra gli uomini di qualsiasi tendenza politica, o sbaglio?
Gatti dimostra qui, fin dal primo paragrafo, tutta la sua ignoranza (nel senso che non conosce) in materia di Ucraina. Il saluto non è “Gloria” a cui rispondono “all’Ucraina” ma bensì GLORIA ALL’UCRAINA a cui si risponde GLORIA AGLI EROI. Si tratta del saluto ufficiale militare delle forze armate ucraine.
Secondo Paragrafo, “nessuno sanziona l’affronto irriverente del cecchino della Guardia Nazionale e nemmeno il tifo dei suoi fan” Quale sarebbe l’affronto irriverente ? Il saluto militare? Da quando Gatti ha deciso che il soldato semplice Markiv era un cecchino? Che partita ha visto Gatti per parlare di tifo??
“Immagine istantanea del nazionalismo europeo che oggi vediamo riaffiorare arrogante ovunque, fin dentro i palazzi di giustizia” Quale sarebbe il nazionalismo ? Le camicie ricamate?
“Primo esperimento di sovranismo che da piazza indipendenza cinque anni fa a Kyiv ha portato l’estrema destra ucraina in Parlamento e inevitabilmente alla guerra contro i russi“
Nemmeno Russia Today sarebbe riuscita a scriverle così bene. Intrise di parole chiave della disinformazione russa, messe una dopo l’altra come neanche la Troll Factory di Sanpietroburgo avrebbe fatto meglio, tanto da dubitare che siano farina del suo sacco. Ovviamente non vale la pena confutarle, magari sarebbe interessante farlo in un dibattito pubblico, noi di Stopfake come sempre ci rendiamo disponibili (anche se va detto in questi cinque anni nessuno ha mai accettato).
Prosegue sbagliando i nomi dei battaglioni e continuando nella retorica Ucraini=Nazisti. Proprio gli errori di ortografia denotano la scarsa conoscenza della materia di cui sta scrivendo. “Oggi gli piace vestirsi da ufficiale anche all’estero” E cosa dovrebbe fare un militare? Scritto poi da un giornalista di un paese che vede il suo Ministro degli Interni vestirsi in ogni dove da poliziotto senza esserlo….
“Quando chiama i fedeli a sostenere Vitaly Markiv” Anche qui Gatti ha confuso Oles Horodetskyy con una specie di pastore domenicale, si fosse informato meglio e non solo con una googlata e la visione frettolosa del suo profilo Facebook si sarebbe accorto che è semplicemente Presidente di una associazione.
“Suggerisce le risposte ai testimoni” Come ha avuto modo di spiegare Oles si agitava perchè si rendeva conto che la traduzione fornita dagli interpreti era scarsa e inattendibile, constatazione fatta anche dalla Corte l’udienza seguente, udienza che ovviamente il Gatti non ha seguito.
Li paragona a degli “007” perchè si sono incontrati prima dell’udienza in un bar vicino al Tribunale a prendere un caffè. Però, arguto questo Gatti !!! Se avesse magari usato Google meglio avrebbe visto che Bogdan Matkivsky ad aprile 2018 aveva rilasciato una intervista a Stopfake proprio su questa tematica e che è abbastanz anormale che tra persone che si conoscono ci si prenda un caffè in un bar.
“Suggerimento sottovoce”, bene il buonsenso vorrebbe che un suggerimento sottovoce in un’aula con più di cento persone, pronunciato a 25 metri di distanza, non venga percepito dal testimone, ma Gatti lascia intendere al lettore che il buon Oles si sia nascosto vicino al testimone e non tra il pubblico.
Nel prosieguo dell’articolo Gatti torna ad usare le chiavi preferite dalla disinformazione russa “Miliziani” al posto del termine corretto soldati (precedentemente usato, a conferma che l’impostazione è faziosa)
“risposta russa ai piani di espansione della NATO” Qui torna la narrativa di Russia Today e Sputnik
Nella descrizione della dinamica Gatti è rimasto ad una delle prime dichiarazioni di Roguellon, avesse seguito il processo si sarebbe accorto che la dinamica è stata differente.
“Sparano con i fucili di precisione AK74” anche un neofita sa che l’AK74, meglio conosciuto come Kalashnikov, è un fucile d’assalto, tutto meno che di precisione, quasi come le ricostruzioni di Gatti.
NESSUNO ha voluto prendere finora in considerazione una possibilità che la logica ci dice essere qualcosa di più di un semplice teorema. Su qual taxi viaggiava anche Mironov, persona molto sgradita ai russi per le sue precedenti inchieste sui crimini russi in Cecenia. Il Taxi è probabilmente stato crivellato di colpi partiti dai piedi della collina, ove vi erano le postazioni dei cosiddetti “filorussi” (e non come scrive Gatti che quando sono arrivati sono scesi dal taxi a farsi una passeggiata). A seguito di quei colpi i tre giornalisti si sono rifugiati sul terrapieno e gli ucraini hanno iniziato un fuoco di sbarramento con i mortai temendo l’ennesimo assalto.
PERCHE’ L’ACCUSA NON HA SENTITO IL BISOGNO DI SENTIRE IGOR STRELKOV che attualmente vive a Mosca ma che all’epoca dei fatti era il Comandante di Sloviansk? Perchè le tante domande rimaste senza una risposta non sono state rivolte a colui che poteva fornire delle risposte?
In un caso di omicidio uno dei fondamenti è il MOVENTE. Quale sarebbe stato il movente per l’esercito ucraino di uccidere due giornalisti uno dei quali aveva testimoniato le gesta eroiche della rivoluzione di piazza Maidan e l’altro era un feroce oppositore del nemico russo? Anche questa domanda nessuno l’ha mai posta
Io una risposta me la sono data, ma se la scrivo diranno che sono un russofobo. Meglio dare la colpa ad un cittadino italo-ucraino e chiedere risarcimenti milionari ad uno Stato con cui non abbiamo mille intrallazzi politico-economici, quegli intrallazzi descritti proprio da “L’Espresso” non più tardi di due settimane fa.