Un editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere.
Il governo sembra sul punto di mettere in discussione le scelte pro – Occidente del 1948, sembra pronto a salpare verso lidi più orientali, sembra pronto a ridefinire la propria collocazione internazionale
Un 18 Aprile 1948 rovesciato? La rivincita dell’Oriente sull’Occidente? Può essere che le elezioni del 4 marzo di questo anno risultino l’equivalente — con conseguenze opposte — delle elezioni di settanta anni fa. Il 18 Aprile del 1948 si decise ciò che era rimasto in sospeso fin dal momento della Liberazione: la nostra collocazione internazionale. L’Italia venne allora ancorata all’Occidente (ne derivò l’adesione al Patto atlantico nel 1949 e, in seguito, il coinvolgimento nel processo di integrazione europea). Venne respinto dagli elettori il tentativo del Partito comunista di agganciare il Paese all’Oriente,di spostare l’Italia nell’area di influenza dell’Urss, versione bolscevico-russa del dispotismo asiatico.
A parti rovesciate oggi l’Italia sembra sul punto di mettere in discussione le scelte pro – Occidente del 1948, sembra pronta a salpare verso lidi più orientali (la Russia sta a cavallo fra Europa e Asia), sembra pronta a ridefinire la propria collocazione internazionale. Forse è sbagliato parlare di «sovranismo», forse «orientalismo» sarebbe un termine più appropriato per descrivere le possibili scelte internazionali di questo governo. Naturalmente, c’è una differenza fra il 4 marzo 2018 e il 18 Aprile 1948: non c’è più il bipolarismo , e alla Casa Bianca siede un signore per il quale forse non sarebbe un dramma l’ eventuale smantellamento del sistema di alleanze occidentali. In un mondo molto più confuso gli elettori questa volta (a differenza di allora) non avevano idee chiare sulle implicazioni internazionali delle loro scelte di voto .
Grazie al Cielo il futuro è aperto, non è già scritto e forse quanto molti temono non avverrà . Ma ipotizzare il peggio , quando il peggio è possibile, può aiutare a cercare i mezzi per scongiurarlo. Il «peggio» sembra annunciato dalle mosse di Di Maio e Salvini , resi baldanzosi dai sondaggi favorevoli nonché dalla assenza di una vera opposizione. Essi preparano il momento in cui le continue , e per nulla innocenti, profezie del ministro Paolo Savona (compresa l’ultima , quella sul possibile ruolo della Russia rispetto al nostro debito) diventeranno realtà.
Orientalismo significa, in questo caso, che statalizzare il più possibile l’economia e stampare moneta per finanziare le promesse elettorali giallo- verdi, richiedono che si rompa con l’Europa e che si cerchi una cuccia più accogliente di quella occidentale, la cuccia russa appunto. L’alleanza con il gruppo di Visegrád sembra una tappa intermedia , serve a stabilire un ponte percorrendo il quale si potrebbe arrivare a una compiuta ri-collocazione internazionale dell’Italia
Definire la sfiducia dei mercati come congiura dei poteri forti (Salvini) , aprire un contenzioso sull’Europa come quello aperto da Di Maio, entrare in conflitto con Macron (ancora Salvini) sono mosse che sembrano preparare l’ora di un più ampio congedo. In primo luogo, dall’Europa. Se mai arriverà il nostro momento «greco» (come ha scritto Paolo Mieli su questo giornale,nel marasma potremmo finire già in autunno), sarà facile imputare ciò non alla politica del governo ma ai nemici esterni, l’Europa, la finanza internazionale,eccetera. Finchè, una bella mattina, scopriremo che durante la notte siamo usciti dall’euro. Le disastrose conseguenze che ciò avrà per gli italiani, per i loro risparmi , per la qualità della loro vita, verranno imputate agli intrighi di forze malvagie e oscure.
Detto con rispetto, puntare tutto sulla ragionevolezza del ministro dell’economia Tria , sembra una cosa da disperati. Ricorda quel tale che, caduto dal nono piano e giunto come un bolide all’altezza del primo, si aggrappa al filo della biancheria stesa. E’ possibile che i due non allineati di questo governo, Tria e il ministro degli Esteri Moavero , diventino presto storia, vengano sostituiti da più docili esecutori. Come dimostrò il caso di Che Guevara al momento della formazione del primo esecutivo castrista a Cuba, non c’è alcun bisogno di competenza per fare il ministro dell’economia di un governo rivoluzionario.
Naturalmente, spezzare l’ancoraggio europeo sarebbe solo il primo di una serie di passi . Dopo verrebbero l’allentamento dei legami con la Nato e l’ingresso nell’area di influenza russa. Come ha scritto Mario Monti (Corriere, 27 agosto) tutto ciò avverrebbe senza alcuna preventiva discussione nel Paese. Ne deriverebbero conseguenze anche per la nostra politica medio-orientale : ad esempio, allineamento anti- israeliano, stretti legami con l’Iran (Paese alleato dei russi). Per inciso, è stato lungimirante chi ha deciso di invitare rappresentanti del regime iraniano, noto paladino della libertà di pensiero e di parola, al Salone del Libro di Torino: è l’arte di essere allineati e coperti, nessuno sa praticarla meglio di certi intellettuali.
Chi pensa che in un simile catastrofico scenario gli italiani caccerebbero gli attuali governanti, forse si illude. Con una opposizione devitalizzata , che è ora solo in grado di abbaiare alla luna, i giallo-verdi, probabilmente, vincerebbero di nuovo. Così come in un Venezuela ridotto alla fame continuano a vincere le elezioni i responsabili di quel disastro.
A parte il consiglio, scherzoso ma non troppo, rivolto a tutti coloro che non hanno simpatia per i governanti russi , di non accettare mai caramelle dagli sconosciuti (potrebbero essere al polonio), il problema davvero grave riguarderebbe i giovani: quali prospettive avrebbero i giovani di qualità, quelli che non sono interessati a diventare, con redditi di cittadinanza o altro, i poveri, tristi clientes di uno Stato alla bancarotta?
Chissà, magari all’ultimo si prenderanno paura, non avranno il coraggio di adottare le ricette economiche «venezuelane» proposte da certi loro consiglieri. Magari Tria e Moavero resteranno al loro posto. Soprattutto, non sarà facile superare la ben più solida capacità di resistenza del Presidente della Repubblica. Anche se, come abbiamo già visto, c’è chi è in grado di proporre la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica con la stessa disinvoltura con cui si ordina un caffè.
Finché i sondaggi continueranno a dare loro ragione essi persevereranno. Però nulla è per sempre. Il vento può cambiare.