E’ finalmente iniziato oggi a Pavia presso la Corte d’Assise il processo a Vitaly Markiv accusato di essere l’esecutore dell’omicidio di Andrea Rocchelli. La vicenda poco conosciuta in Italia e troppo spesso raccontata dai giornali italiani con approssimazione e operazioni di taglia e incolla, finalmente vede il suo sbocco naturale, quello di un’aula di giustizia. Qui emergeranno gli elementi sinora sottaciuti all’opinione pubblica italiana che hanno permesso di dipingere Markiv come un assassino e l’intera Ucraina come uno Stato abitato da estremisti assetati di sangue.
E’ una calda mattina di luglio, una folta delegazione ucraina attende di entrare nel Tribunale, molti indossano la maglia tradizionale ucraina, cosa che farà esclamare ad un personaggio tra il pubblico “se avessero esposto uno striscione per Regeni sarebbero stati identificati invece per questa pagliacciata nessuno gli dice nulla”. Durante il processo qualcuno chiede l’allontanamento di una persona che aveva con se una bandiera ucraina piegata. I Carabinieri procedono senza incontrare alcuna resistenza. In un’altra occasione in un’altro luogo, se mai capiterà, spiegherò al personaggio che ha definito le Vyshyvanke una “pagliacciata” che si tratta di un’indumento tipico ucraino che si sfoggia per le grandi occasioni, che non è un simbolo politico e che comunemente la gente lo indossa per le strade o al lavoro. Purtroppo l’ignoranza di questi tempi in Italia impera.
Al termine della prima udienza l’avvocato di Markiv, Raffaele Della Valle era visibilmente soddisfatto e commentando alle televisioni che lo intervistavano ha dichiarato di aver visto una giuria equilibrata che lascia ben sperare per un prosieguo del dibattimento. Giuria formata da tre togati e cinque popolari, cinque donne e tre uomini.
Vitaly Markiv è stato portato in aula poco dopo le 09:30, vestito di grigio, è apparso in buona forma. Ha assistito a tutto il processo con volto serio, sguardo alto ma mai è sembrato preoccupato.
Presenti i genitori di Vitaly ed anche quelli di Andy Rocchelli, rappresentano due facce della stessa tragedia. I secondi che piangono la morte di un figlio, i primi che vedono il loro ingiustamente incarcerato da oltre un anno (se non altro perché sino a prova contraria che si formerà nel dibattimento, Vitaly Markiv per l’ordinamento italiano è innocente). Osservando i genitori di Rocchelli ho provato tenerezza pensando ai miei anziani genitori nel caso mi succedesse qualcosa durante uno dei miei reportage al fronte. Ho riflettuto sul fatto che probabilmente sono stati instradati su una ipotesi sbagliata, attorniati magari da persone forse interessate a cose differenti rispetto al desiderio di conoscere chi e come abbia ucciso loro figlio. Guardandoli ho pensato, con un pò di tristezza, che difficilmente avranno la possibilità di avere un colpevole giuridico su cui indirizzare il loro dolore. Nel probabilissimo caso che Vitaly Markiv sarà prosciolto dalle accuse, le indagini non si riapriranno perché l’altra ipotesi porterebbe direttamente a Mosca verso Igor Strelkov. Infatti Strelkov comandava le truppe alla base della collina che in quel maledetto giorno aprirono il fuoco sul taxi ove viaggiavano i tre giornalisti. Strelkov era il responsabile delle prime indagini, era il responsabile della perizia balistica del taxi, ma nessuno ha mai pensato di contattarlo o convocarlo. L’Italia, specie in questo periodo storico, non accuserebbe un cittadino russo e mai lo porterebbe sul banco degli imputati, meglio accontentarsi di un semplice ragazzo ucraino.
In un’aula affollata e senza aria condizionata, l’accusa schiera un folto parterre di avvocati tra cui il più famoso è l’ex Sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Dietro le quinte, tra il pubblico, si muove il Presidente della FNSI, Giuseppe Giulietti, che interloquisce spesso con l’avvocato della famiglia Rocchelli, Alessandra Ballerini. Giulietti si prodiga anche con i vari giornalisti italiani presenti in aula, impegno che impone una riflessione.
Essendo il giornalismo una professione libera la cui missione dovrebbe essere quella di ricercare la verità scandagliando tutte le strade possibili, è compatibile che la FNSI prenda a priori una posizione prima del dibattimento? Per Giulietti, e quindi viene da pensare per la stampa italiana che lui rappresenta, Vitaly Markiv è colpevole già prima del processo. In queste condizioni è difficile credere che nelle prossime settimane vi siano dei giornalisti che approfondiscano l’argomento e si disallineino dalla linea dettata dalla FNSI.
A tal proposito uscito dall’aula a fine udienza ho avuto modo di scambiare due parole con l’inviata di RAINEWS24. Gli ho domandato se manderanno qualcuno in Ucraina sulla collina di Karachun per comprendere di cosa si sta parlando, ma lei non ha saputo rispondermi. Allora ho aggiunto “ma le sembra normale che tra tutte le persone presenti in aula solo in tre siamo stati su quella maledetta collina? Io, l’avvocato Della Valle e Markiv” La risposta è stato un lungo silenzio imbarazzato che racconta molto più di mille parole.
Durante una conferenza a Roma tenutasi a febbraio l’avvocato Della Valle aveva lanciato un’appello alla stampa italiana incitandola ad essere curiosa su questo caso, ad informarsi e non a limitarsi ai taglia e incolla per i loro articoli. Purtroppo questo appello è caduto nel vuoto ed oggi a Pavia si è avuta la conferma, anche pratica, che per il giornalismo italiano un colpevole già c’è.
Andy Rocchelli non era iscritto all’ordine dei giornalisti ne alla FNSI. Non che questo non ne facesse un giornalista, ma ci si dovrebbe mettere d’accordo una volta per tutte. Personalmente sono stato spesso accusato da “colleghi” di Giulietti di NON essere un giornalista perché non appartenente all’ordine (sebbene ho l’incarico dell’Università del Giornalismo di Kyiv) e quindi suona strano che decidano in questo caso di costituirsi parte civile per un “non giornalista”.
Sempre nell’ambito informativo la corte ha stabilito che in aula potranno effettuare riprese del processo la RAI, un canale ucraino (radio Svoboda) e udite udite…. il primo canale russo.
La presenza del primo canale russo dà una connotazione tutta geopolitica al processo. Sicuramente giustificheranno la loro presenza con il fatto che nel 2014 mori un cittadino russo, Andrey Mironov. Per correttezza va anche ricordato che Mironov era uno strenue oppositore di Putin e tutti sano come vengono trattati dall’informazione russa gli oppositori di Putin. Al di là delle dichiarazioni di facciata per la TV russa questa è solo una ulteriore occasione per fare della propaganda contro l’Ucraina.
Comunque la connotazione politica che prende questo processo fin dal suo inizio, non è dovuta solo alla presenza dei media russi, ma principalmente dalla chiamata in correità dello Stato Ucraino. Nella costituzione di parte civile infatti tutti gli avvocati dell’accusa hanno chiesto la citazione per responsabilità civile dello Stato ucraino nella persona dell’Ambasciatore Perelygin. Se dovessimo basarci dalle mosse della prima giornata l’accusa sembrerebbe voler giocare sul terreno della politica più che nel merito processuale, dimostrare cioè che l’Ucraina è uno stato “fascista” abitato da bande di miliziani irregolari che si divertono a sparare sui civili.
In queste prime schermaglie si è potuto anche leggere tra le righe una certa difficoltà da parte dell’accusa specie quando ha tentato di mettere il bastone tra le ruote alla difesa richiedendo che alcuni testimoni fossero sentiti con l’ausilio del paravento. Ovviamente non trattandosi di un processo per mafia la richiesta è apparsa subito come un tentativo di proteggere i testimoni dall’interrogatorio difensivo. L’avvocato Della Valle ha espresso alla corte il suo disaccordo facendo proprio notare come il contatto “visivo” con il testimone in questi casi sia molto importante anche per valutarne le reazioni e per testarne l’affidabilità. La corte ha deciso che il paravento non sarà utilizzato, e qualora richiesto dalle parti, le TV dovranno spegnere i loro apparati quando saranno sentiti taluni testimoni.
In conclusione è stata una prima udienza tattica dove ognuno ha preparato il campo di battaglia. A partire dal 14 settembre il processo entrerà nel vivo e tutti cominceranno a scoprire le loro carte. La sensazione è che l’accusa ne abbia poche e di non eccelsa qualità. Questo potrebbe farli propendere per privilegiare l’aspetto mediatico rispetto il dibattimento. L’avvocato Della Valle finalmente si può esprimere nel suo ambiente ideale, quello giuridico dove le chiacchiere stanno a zero e le fakenews si sciolgono come neve al sole. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità e giustificare le molte inesattezze emerse dai verbali prodotti dall’accusa. Un conto è scrivere un articolo o rilasciare un’intervista, altro è testimoniare sotto giuramento in un’aula di Corte d’Assise.
Finalmente la traversata nel deserto è terminata, da oggi parleranno solo i fatti giuridici e chissà che in un futuro non troppo lontano i ruoli di costituzione di parte civile non si invertano.
Ci rivediamo il 14 settembre per la seconda udienza.
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