Il 12 luglio si terrà una conferenza presso la sala stampa l’aula di Montecitorio organizzata da esponenti politici di Fratelli d’Italia, in cui parteciperanno anche Irina Osipova (candidata alle ultime elezioni comunali di Roma) e Maurizio Marrone, consigliere regionale in Piemonte e fondatore del “Centro di rappresentanza DNR” a Torino.
Il tema della conferenza è incentrato sulla propaganda anti ucraina e sui presunti crimini che sarebbero commessi dalla “Giunta Fascista e Nazista” che governa ora a Kyiv. Fratelli d’Italia ha da tempo espresso la propria vicinanza al Cremlino, effettuando una brusca virata qualche mese dopo i fatti di Maidan, virata che ha coinciso con l’occupazione della Crimea. Prima di tali fatti il partito era convintamente a favore della rivoluzione ucraina, tanto che lo stesso Maurizio Marrone (allora consigliere comunale a Torino) aveva fatto deliberare dal consiglio di esporre la bandiera del comune a mezzasta, in solidarietà degli eroi caduti sulla piazza Maidan sotto i colpi dei reparti antisommossa dell’ex Presidente Yanukovich. La virata da li a poche settimane fu brusca ed il partito decise di schierarsi con lo schieramento opposto. I cambi di campo non sono una cosa nuova nel panorama politico e storico italiano, spesso sono basati sulla convenienza del momento ed hanno sempre avuto la precedenza rispetto le motivazioni ideologiche. E’ probabile che il Cremlino ad un certo punto della storia sia risultato più attrattivo.
L’evento di Roma provoca però anche altre riflessioni, riflessioni che vanno oltre la condotta discutibile di alcuni politici. Il tema coinvolge la visione geopolitica del nostro Paese, una visione quasi sempre ondivaga, spesso non legata a dei principi. Questo fattore di debolezza sembra condizionare tutta la politica estera dell’Italia, incapace di prendere delle posizioni ferme su tematiche delicate, incapace di una visione strategica di lungo periodo, tranne poi lamentarsi continuamente al Parlamento Europeo alla ricerca di non si sa bene cosa sul tema migranti.
In questi giorni si è discusso molto (specie in Ucraina) dell’arresto di Vitaliy Markiv, sospettato di aver ucciso durante i combattimenti di Sloviansk nel 2014, il reporter italiano Andrea Rocchelli. Tale arresto è visto dal paese dei Cosacchi come una macchinazione contro un proprio militare, un complotto ordito dalla Russia ed attivato nel paese europeo più vicino al Cremlino. Tralasciando le teorie complottistiche, che lasciamo a noti personaggi italiani pro russi, ci si deve soffermare su come nasce in Ucraina la percezione dell’Italia come alleato della Russia e quindi non in grado (secondo l’opinione pubblica) di garantire un equo processo a Markiv. L’accusa più comune che ci viene fatta, e che provoca tale bassa fiducia nelle istituzioni italiane, è il fatto che il nostro sistema giudiziario applica due pesi e due misure a seconda delle convenienze. Secondo la gente comune (ma anche tra i media) il fatto che in Italia nessuna Procura persegue giudiziariamente i mercenari italiani presenti nel Donbas, sarebbe la prova provata della sudditanza dell’Italia alla Russia.
TV e giornali chiedono in continuazione a noi italiani come sia possibile che cittadini italiani pubblichino fieramente le loro foto ed i loro video sui social, video nei quali sostengono fieramente di uccidere cittadini ucraini per soldi, senza che nessuna Procura apra dei fascicoli a loro carico. Anche alcune trasmissioni italiane hanno più volte documentato questa realtà (Le Iene e Nemo) ma sino ad oggi non si ha notizia di alcun provvedimento preso o avviato nei confronti di questi cosiddetti foreign fighters. Per un ucraino ciò è inammissibile e rischia di compromettere i buoni rapporti diplomatici tra i due paesi. Non si accetta il fatto che l’Italia arresta un militare ucraino, per aver fatto ciò che gli chiedeva il paese, mentre fa orecchie da mercante sulle decine di italiani che si vantano di uccidere ucraini per soldi.
Vietare una conferenza sarebbe sicuramente un errore in un Paese democratico come l’Italia, ma porre dei quesiti ai vertici del partito che la organizza pare il minimo sindacale.
Andrebbe chiesto cosa ci faceva un loro esponente di primordine a Lugansk in compagnia di un latitante di estrema destra che ha militato come mercenario nelle milizie terroristiche del Donbas. Andrebbe chiesto di raccontare in maniera trasparente di cosa si occupa il “Centro di rappresentanza” di Torino, unico centro in Europa di una organizzazione dichiarata Terrorista da alcuni Parlamenti europei. (l’altro “Centro” aperto a Ostrava è stato recentemente chiuso dal Ministero degli Esteri che ha giudicato la sua attività incompatibile con un Paese democratico). Andrebbe chiesto qual’è il filo ideologico che lega insieme Fratelli d’Italia con pezzi dell’anarchia Bolognese come la Banda Bassotti, con l’eurodeputata di Rifondazione comunista Eleonora Forenza o con il giornalista Giulietto Chiesa che tutto è stato nella vita meno che post fascista.
Ma cosa più importante di tutte andrebbe chiesto quali sono i loro rapporti con le milizie terroristiche presenti in Donbas, quali tipo di supporto gli forniscono e quale è la loro posizione sui nostri connazionali mercenari, se sono cioè disposti a collaborare con le nostre autorità il giorno che queste avvieranno dei procedimenti per terrorismo internazionale o che accoglieranno richieste provenienti dall’Ucraina, nei confronti di tutte quelle persone coinvolte in Donbas e così pericolosamente vicine a Fratelli d’Italia.