Pubblichiamo la terza parte del reportage. Il testo dell’indagine è un estratto del libro Supernova edito da Marco Canestrari e Nicola Biondo entrambi ex stretti collaboratori di Roberto Casaleggio e con incarichi ufficiali all’interno del movimento 5 stelle.
Il progetto si chiama Supernova – Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Supernova è la vera storia del Movimento Cinque Stelle, come nessuno fino ad oggi l’ha mai raccontata. Documenti esclusivi, retroscena inediti, un resoconto dettagliato.
Come t’infiammo l’Europa
In Europa, nella piccola repubblica di Macedonia, c’è un paese di 40mila persone. Si chiama Veles. Lì sono stati creati oltre 100 siti in lingua inglese pro-Trump. Ogni giorno producevano black propaganda che finiva poi per rimbalzare dall’altra parte dell’Oceano, sui social americani e da qui a volte entravano nel dibattito mainstream. Oggi la Russia si pone come sinonimo di ordine e tradizione (come se la corruzione fosse sconosciuta da Mosca e Leningrado…), contro il disordine e le ingiustizie che attanagliano i paesi dell’Occidente. La propaganda di Putin in Europa usa una tecnica tipicamente pubblicitaria, si avvale di migliaia di corpi digitali (profili social soprattutto) e si inserisce nello storytelling di movimenti e partiti politici di estrema destra o sinistra, nazionalisti o indipendentisti basta che siano all’opposizione. Danno la linea, insomma. Immigrazione, sicurezza, emergenza terrorismo, crisi economica, corruzione della classe politica e sfiducia o paura del futuro: sono questi i temi. Vengono declinati – come fanno tutte le propagande, senza eccezioni tra Occidente e Oriente – in modo semplicistico, di forte impatto, non proponendo soluzioni ma con l’obiettivo di sobillare e imbarazzare le classi dirigenti al potere. Esempio: “Siriano stupra bambina. Stop immigrazione. Se sei d’accordo condividi”.
La notizia è ovviamente una bufala, prodotta in laboratorio. Ma è stata ripresa dai media russi che hanno accusato la Merkel di inazione, mettendola in serio imbarazzo di fronte l’opinione pubblica tedesca. Fino a che non è stato dimostrato che era solo un falso.
Questa propaganda mira a destabilizzare tutti quei governi che hanno appoggiato le sanzioni contro la Russia o che rimangono fortemente europeisti, dando appoggio a tutti i movimenti di opposizione. E’ una propaganda per palati forti fatta apposta per chi soffre di una delle vere piaghe del mondo occidentale, l’analfabetismo funzionale. La bufala deve colpire il sentimento diffuso percepito. E propagarsi velocemente, come solo le reti possono permettere.
Quasi sempre la notizia di cronaca non è vera, ma ciò non è importante. Le bufale producono molta più viralità delle notizie vere. Con la piena acquiescenza dei colossi, Facebook e Twitter, che non intervengono quasi mai.
Da Mujica a Putin
Le esigenze della politica hanno cambiato i connotati libertari e laici del Movimento? E’ normale passare dalla retorica pacifista di Gino Strada – candidato a furor di blog al Quirinale – alla minimizzazione dei crimini contro l’umanità perpetrati da Bashar Al Assad in Siria, come ha fatto l’ex-terzomondista Di Battista, affermando che “a decidere se Assad è un dittatore saranno i Siriani…”? E’ normale passare dal mito del “presidente povero” Pepe Mujica all’uomo forte Putin? Chi ha deciso la svolta pro putin del M5S? La risposta, a rimanere in superficie, è semplice: Beppe Grillo, unilateralmente. Mettendo in soffitta la democrazia diretta, e tutto il corollario liturgico del movimento dal basso, nel corso della campagna per le Europee del 2014 il frontman si presenta in Tv ed entra a piedi uniti nel pieno della guerra ucraina, ripetendo il mantra della propaganda russa sulla crisi ucraina e spingendosi ad affermare che il referendum in Crimea è un momento di democrazia voluto fortemente dalla popolazione locale. Una versione che qualche tempo dopo verrà smentita dallo stesso Putin. Ma non importa, la scelta di campo viene fatta così.
Ma questa svolta – secondo svariate fonti, anche diplomatiche – è frutto di un isolamento a livello internazionale che il Movimento subisce. “Siamo andati a bussare a tutte le porte – racconta un senatore del Movimento – Gli unici che ci hanno aperto sono stati i Russi, ecco perché oggi siamo la loro prima scelta in Italia. Ma fino a quanto può durare? E quale sarà il prezzo da pagare?” Ecco che per la seconda volta fa capolino il do ut des a cui si riferisce di Battista all’inizio di questo racconto.
Una delle cause di questo “isolamento” sarebbe un deficit di credibilità di cui soffre la creatura di Grillo. Non c’è argomento di politica estera su cui ci sia chiarezza e univocità: sulla Brexit, sull’alleanza con Farage (metà del gruppo parlamentare a Bruxelles non la voleva, anche su questo ci ritorneremo), sulla Nato (Grillo vuole uscire, Di Maio assolutamente no), sull’euro, sulla questione mediorientale e su Israele, sul futuro dell’Unione europea. In parallelo esponenti del Movimento hanno incontrato un pezzo del mondo degli affari italiano che con la Russia (e la Cina) ha ottimi rapporti, dall’Eni alla Pirelli ad altri. E’ attraverso questa diplomazia che viaggia anche la ricerca di un accreditamento necessario per una forza politica che vuole governare. “Sarete in grado?” Questa è la domanda che gli interlocutori internazionali fanno al Movimento. E – come abbiamo già detto in precedenza – la risposta lascia più di un dubbio. “Nei ministeri chiave, esteri ed economia, metteremo dei tecnici”. Ma questo a quanto pare non basta, non rassicura, non risolve. Oltre a non essere in linea con lo spirito del Movimento. “L’Italia ha la moglie americana e l’amante libica” diceva il giudice Rosario Priore profondo indagatore della politica estera italiana. Il senso della salace battuta è che l’Italia non può permettersi scelte di campo nette, deve con astuzia e fatica gestire le crisi grandi e piccole causate dalle mire egemoniche di paesi ben più forti. Ecco perché, pur di fronte a pesanti ingerenze mediatiche della Russia, buona parte dei nostri servizi sceglie di non reagire in modo eclatante. Grillo in questo gioco di diplomazie, ma anche di guerra, di morti veri e di propaganda, prova a metterci la faccia. E’ andato, stranamente senza tanti squilli di tromba, a far visita all’ambasciata russa all’inizio del 2016, accompagnato da Alessandro Di Battista. Poi una delegazione del
Movimento si è trovata vis a vis con la diplomazia tedesca. Con giudizi molto poco lusinghieri da parte dei rappresentanti di Berlino. E’ il gioco grande quello in cui si trova oggi il Movimento. Dove non si gioca e non si vince con qualche battuta ad effetto, un V-day e qualche click. Serve altro. Ma intanto la storia che abbiamo raccontato, di strani intrecci tra chi censura il web e chi invece vuole la democrazia diretta, ci può far capire molto del Movimento. Di quello che è stato e di quello che (non) sarà. Sul palco di San Giovanni che vide la chiusura della folle e allegra cavalcata dello Tsunami tour nel febbraio 2013, arrivò tra gli altri anche la voce di Pepe Mujica, il presidente-contadino dell’Uruguay. Chissà che in futuro a chiudere i comizi del Movimento non ci sarà più il francescano Mujica – che nel suo paese non ha censurato, non ha invaso i suoi vicini, non ha arrestato i suoi oppositori e ha invece ridotto la povertà – ma il più muscoloso Vladimir Putin. Magari per ballare sulle note di “Party like a Russian” con Di Battista e tutta la banda, su quel che resta del Movimento.