Nella prima parte di questo reportage abbiamo visto Di Battista dire “Che ne dite di farci dare una mano per la campagna sul referendum costituzionale dall’ambasciatore russo? Con tutto quello che stiamo facendo per loro…” , la giravolta di Fico, i rapporti del M5S con settori della politica e del lobbismo russi e con personaggi oscuri come Sergei Zheleznyak che è il deus ex-machina di una serie di leggi che limitano la libertà di espressione in Russia.
In questa seconda parte altri indizi circa la politica ambivalente del Movimento 5 Stelle dove da una parte professa la democrazia diretta e la verità delle rete e dall’altra la usa per costruire la sua politica estera basata su fake e notizie dimostratesi false.
Guerra e bufale
A fare da spartiacque in questa storia è un confine lontano oltre duemila chilometri da Roma. E’ quello tra Ucraina e Russia. La guerra che lì si combatte non è fatta solo di sangue e bombe, ma anche di parole, di propaganda e bugie. Come tutte le guerre.
Nel giugno del 2014, alla Camera dei deputati, improvvisamente, la guerra di aggressione della Russia in Ucraina fa breccia nel Movimento. La scusa per parlarne è la denuncia
dell’esistenza di campi di concentramento in Ucraina allestiti dal governo di Kiev per torturare i russi. Non è quello l’argomento
della seduta ma la deputata Marta Grande è convinta della bontà dell’argomento. La sua denuncia parla anche di cannibalismo, con foto di soldati ucraini che mangiano i corpi di soldati russi. C’è un problema: è tutto falso.
Sono false notizie frutto della propaganda russa. Nei mesi che seguiranno se ne registreranno a decine. In quel periodo, la propaganda russa si serve di due braccia: migliaia di troll che affollano la rete dall’Est-europa fino in Germania, Italia e Inghilterra; e il network di tv di Russia Today e Sputnik. L’Ucraina è stato il tavolo operatorio dove la propaganda russa si è esercitata per testare la propria capacità. Da lì si è propagata in ogni parte del mondo, fino a giocare un ruolo non secondario nelle recentissime elezioni americane.
Il governo di Kiev subisce un’operazione di destabilizzazione dall’interno nel corso di una rivoluzione popolare contro il governo. Approfittando della crisi interna, Putin schiera milizie ai confini, ma dà anche il via libera a formazioni paramilitari. Con la scusa di proteggere i propri confini e dare spazio alla minoranza russa nel paese, Mosca annette spazi di un paese estero fino a imporre un referendum in Crimea. L’Europa e gli Stati Uniti rispondono con l’arma delle sanzioni.
A questo punto Beppe Grillo si schiera, prima a favore del referendum di Putin; poi, affidando ad uno scrittore controverso, Nicolai Lilin, noto in Italia per il romanzo “L’educazione siberiana”, la funzione di divulgatore ufficiale sul blog della posizione filorussa. Nel giro di poco tempo Lilin, da fiero avversario di Putin diventa suo cantore. Infine, camuffando l’abbraccio con la retorica della lotta contro le Multinazionali, l’euro e l’Europa, Grillo dichiara: “Se fossi al governo il trattato lo farei con i Brics [acronimo per le grandi economie emergenti, Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, ndr], con i russi, con i cinesi. Smettiamo di trattare con gli americani, ripeto: sono dalla parte sbagliata della storia“.
Il Movimento si schiera decisamente contro le sanzioni. Il motivo è squisitamente economico. Dice Di Battista: “Klimov [vice-presidente del comitato Affari esteri del Senato in Russia, ndr] mi ha detto che da quando sono state introdotte le sanzioni dell’Ue, il commercio tra Italia e Russia è diminuito del 20%, mentre è aumentato del 15% quello tra Stati Uniti e Russia“. E’ così che l’avvicinamento prende le forme della difesa dell’import-export italiano. Ma quello che propongono gli esecutori della politica estera del Movimento – mai delegati da nessuno e da nessun voto a questo compito – si spinge molto più in là.
Putin, il web e Renzi
Putin è un brand in ascesa nel variopinto mondo del web italiano. Ci sono decine di siti, profili social che lo osannano: sia di destra, anche estrema, sia riconducibili ad attivisti M5S. Pietro Dettori, social media manager prima della Casaleggio e adesso di Rousseau, l’associazione che gestisce la partecipazione degli iscritti a cinque stelle, è tra i fan del leader russo. “Con Putin non si scherza – ritwitta dal sito “Silenzi e falsità” a cui è molto legato – Mosca ha annunciato il progetto per un nuovo missile nucleare che si chiama RS 28, o Satan 2, in grado di colpire e ridurre in cenere un territorio della dimensione del Texas o della Francia. Sarà la volta buona che le teste calde di Washington e dintorni si raffreddano?”. “Putin è uno che tira, il suo nome produce traffico sulla rete”, raccontano dal quartier generale della Casaleggio, la task-force che spesso rimbalza e fa da cassa di risonanza dei due principali network putiniani, Russia Today e Sputnik. Ma recentemente dopo una serie di attacchi mediatici nei confronti del governo italiano qualcosa si è mosso. Quando il network RT, finanziato dal governo russo, ha raccontato la manifestazione per il Sì in piazza del popolo a Roma come “una grande protesta contro Renzi” la diplomazia italiana ha sollevato il caso con il Cremlino. Sul tema-Russia c’è una frattura in ambienti governativi e degli apparati di sicurezza: una parte vorrebbe un’iniziativa netta nei confronti del governo russo, ritenuto legato a questa propaganda anti-italiana. Un’altra, nella tradizione realista della geopolitica democristiana, propende per una posizione cauta, vista l’importanza strategica della Russia sia nel campo economico che in quello politico.
La dottrina Gerasimov
In Ucraina e Crimea viene testata una nuova dottrina militare, quella che porta il nome del Capo di Stato maggiore russo Vladimir Gerasimov. La dottrina Gerasimov spiega l’utilizzo degli strumenti di comunicazione in particolare le reti informatiche: “Lo spazio dell’informazione apre ampie occasioni di asimmetria per ridurre le potenzialità del nemico. E’ necessario rendere più efficaci le attività nello spazio dell’informazione”. Mentre tutti nel 2014 si aspettavano un massiccio attacco informatico per oscurare i principali siti in Ucraina, è stata attivata una struttura composta da migliaia di troll, corpi digitali che hanno infiltrato i social network: dapprima quelli russi e ucraini, quindi quelli occidentali, che operano a tutto campo: dai commenti sul Guardian, fino ai dibattiti online in Francia e Italia. Foto e notizie false, intimidazioni e minacce: tutto per propagandare la Russia di Putin e l’intervento dei paramilitari in Ucraina.
La dottrina Gerasimov è stata esportata in altri paesi? Possiamo dire con certezza che in Italia non esistano reti e strutture disegnate in laboratorio per inquinare il dibattito politico e desertificare quello che doveva essere un territorio di confronto, condivisione e crescita dell’informazione? Certe propagande minano alle fondamenta la democrazia, nascondendo i loro veri obiettivi. Ma se il troll è sempre anonimo, anonime sono le sue bugie, anonime sono le sue minacce, anonime sono le sue intenzioni, la domanda è: chi anonimamente sta intossicando il dibattito politico? Qui proponiamo due esempi. Non anonimi.
La strategia della balla
“Renzi non è stato eletto da nessuno”. E’ uno slogan-mantra molto usato sulla rete e in Tv da parlamentari del Movimento. Ma è ingannevole perché mette in scena di fronte agli elettori che non conoscono la Costituzione – la maggior parte – una realtà che non esiste volendo chiaramente alludere che Renzi non può governare, o peggio, che governi contro la Costituzione. L’Italia è una repubblica parlamentare e con il voto si eleggono i parlamentari, non il presidente del consiglio. Punto. Se il Movimento della trasparenza predica con le balle, che Movimento è? La propaganda M5S dimentica qualcosa di fondamentale: all’indomani del voto delle Europee, sul blog di Grillo apparve una stupefacente (per chi lavorava nell’apparato pentastellato) presa di posizione. “Con questo risultato Renzi è titolato a governare…”. Si aprì così una nuova fase politica (sulla quale si ritornerà) di cui poco o nulla si sa e che culminò in una serie di accordi e spartizioni con la maggioranza di governo e un cambio di rotta dei mass media nei confronti del Movimento. Una fase che si chiuse dopo l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale con il Movimento ai suoi minimi storici nei sondaggi. Da quel momento, dopo aver incassato una serie di dividendi politici, Matteo Renzi ritornò ad essere per il Movimento “non eletto da nessuno”. Miracoli della propaganda…
Secondo inganno. “Non so se accetterò il risultato elettorale” ha detto Donald Trump pochi giorni prima di vincere le elezioni. Traduzione: o vinco con i voti, o vincerò in altro modo. Negando in radice che l’avversario avesse potuto diventare Presidente, Trump piccona uno degli assunti della democrazia.
Un tempo l’informazione era un gioco che coinvolgeva due attori, editori e politici. Influenzare il pubblico era la posta in gioco. Con l’avvento della rete come strumento di comunicazione di massa, non serve più comprare giornali o tv. Il web fornisce a costi enormemente più bassi un impatto informativo molto più veloce, profondo, invasivo. Ma chi lo vuole sfruttare per fini politici deve rottamare l’idea di giornalismo, in ogni modo. Non vuole più giornalismo informato, vuole solo propaganda a fini privati. Il primo atto social di Trump non fu testare la forza della sua possibile candidatura ma il grado di permeabilità della società americana alle bufale e alla black propaganda. E così denunciò che Barack Obama era un presidente illegittimo perché nato fuori dai confini nazionali. Il risultato fu incoraggiante. Poi aggiunse che aveva finanziato l’Isis. Le reti di propaganda russa rimbalzarono la notizia. Prove? Il web, un certo tipo di web, non vuole prove, vuole conferme ad un pregiudizio o ad un interesse. Beppe Grillo ha ben chiaro questo schema. Ha iniziato da outsider denunciando scandali veri – Parmalat e Telecom – per poi capire, per sua stessa pubblica ammissione, che “l’importante sono i click”. Le inchieste costano, soldi e fatica. I titoloni o le bugie – magari spacciate per satira – non costano nulla. All’indomani dell’elezione di Trump, il “capo politico” sa bene qual è il punto di frattura e mette nel mirino proprio i mass media: “E l’apocalisse dell’informazione tradizionale. Questo Pannocchia non ha grandi qualità culturali ma è stato contrastato con notizie terrificanti, l’establishment che lo attaccava, ma non ha funzionato. Questa è l’apocalisse dell’informazione tradizionale. Televisioni e giornali non capiscono niente, non anticipano niente e capiscono solo adesso che i diseredati hanno un altro media che è la rete». E poi aggiunge: «L’informazione ha l’alibi di dire “voi non avete un progetto politico, voi non siete in grado, siete degli imbecilli, dei dilettanti”. E i dilettanti si stanno prendendo il mondo. Noi andremo a governare e i media diranno: come hanno fatto?” Poco importa ovviamente che sovrapponendo il programma di Trump e quello del M5S non vi sia alcun punto in comune.
Il testo dell’indagine a partire dal titolo Guerra e bufale è un estratto del libro Supernova edito da Marco Canestrari e Nicola Biondo entrambi ex stretti collaboratori di Roberto Casaleggio e con incarichi ufficiali all’interno del movimento 5 stelle.
Il progetto si chiama Supernova – Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Supernova è la vera storia del Movimento Cinque Stelle, come nessuno fino ad oggi l’ha mai raccontata. Documenti esclusivi, retroscena inediti, un resoconto dettagliato.