Party like a Russian – A Mosca, a Mosca!
“Party like a Russian / End of discussion…” canta Robbie Williams nella hit del momento, “Party like a Russian”. Ma non c’è solo lui ad avere l’ambizione di partecipare a certe feste alla corte dell’imperatore Putin.
Anche Alessandro Di Battista, Ministro degli Esteri in pectore in un possibile governo dei Cinque Stelle, ha il suo Russian Style. E mica lo nasconde. “Che ne dite di farci dare una mano per la campagna sul referendum costituzionale dall’ambasciatore russo? Con tutto quello che stiamo facendo per loro…” A parlare così è proprio Di Battista. Parole pronunciate negli uffici del gruppo parlamentare tra ottobre e novembre 2016, quando ancora non erano uscite inchieste sulle affinità tra la propaganda pro-Putin e quella del M5S. Parole che raccontano un contesto, quello internazionale, che vede un attivismo frenetico del Movimento per farsi conoscere – e riconoscere – dall’establishment in Europa e nel mondo. Stiamo parlando di uno dei nodi meno conosciuti della storia del Movimento, quello riguardante la politica estera. Nel programma infatti non c’è nemmeno una riga al riguardo.
Ma perché Di Battista pensa ad alta voce di chiedere aiuto ai russi per la battaglia sul referendum? Cosa c’entra la Russia con l’Italia? E soprattutto, cosa c’entra Putin con i Cinque Stelle?
Fino al 2014, in coincidenza con la guerra in Ucraina, la Russia e Putin erano fuori dagli interessi del Movimento. Anzi, peggio. Putin veniva definito uno “zar dagli affari oscuri”.
C’era una volta, prima dello sbarco in Parlamento, il Movimento che esaltava i movimenti di contestazione americani, elevava a suo nume Julian Assange, eleggeva come icona dell’informazione il nemico pubblico numero uno di Putin, Anna Politkovskaja, e le proteste laiche e libertarie delle Pussy Riot; guardava infine con simpatia ai proclami della primavera araba.
Quando Vladimir Putin arriva in Italia, fresco dell’approvazione della prima legge “ammazza blog”, l’accoglienza del Movimento è gelida: “Noi chiediamo che il governo venga a riferire in aula al più presto sugli oscuri affari con lo zar russo” recita una nota del gruppo alla Camera. Fino a tutto il 2013 Putin e la Russia erano davvero lontani dall’orizzonte del Movimento: uno che fa affari oscuri, che discrimina i gay, che uccide la democrazia sul web.
“Cosa significa Unione Europea se Putin annuncia l’intervento armato in Ucraina e noi non
facciamo niente? Cosa significa Unione Europea se a pochi chilometri da noi la Russia sta per invadere l’Ucraina e non riusciamo a muovere neanche un passo diplomatico? E a cosa serve l’Italia all’interno dell’Unione Europea se è schiava degli accordi sul gas proprio con Putin?”. E’ il marzo del 2014. A parlare è Roberto Fico, influente parlamentare. Cosa avverrà dopo è qualcosa che di certo non è stato reso noto, e di certo non è noto né agli attivisti né alla stragrande maggioranza dei parlamentari.
Perché quello che va in scena è un capovolgimento di fronte. Nel giro di un anno dalle parole di Fico, Putin passerà da essere l’uomo nero della politica mondiale allo statista di riferimento per il Movimento cinque stelle. Come si è arrivati a questo “abbraccio” tra un movimento che genericamente si dice anti-autoritario e a favore della democrazia diretta e uno dei regimi più agli antipodi da questi principi: quello di Vladimir Putin? Per provare a interpretare le parole di Di Battista bisogna fare un passo indietro.
Mentre il Movimento si preparava al boom, nella Russia di Putin – dopo le elezioni del 2011 in cui fu dimostrata l’incidenza massiccia di brogli, arresti di massa e minacce agli oppositori – un giovane imprenditore proveniente dal mondo della comunicazione e della pubblicità entrava a corte del nuovo zar moscovita. Il suo nome è Sergei Zheleznyak e di lì a poco diventerà il deus ex-machina di una serie di leggi che limitano la libertà di espressione.
E’ l’inizio della fondazione di una “democrazia autoritaria”. Putin mette sotto controllo il web e le televisioni. La diffamazione torna ad essere un reato, oltre a prevedere multe milionarie. Vengono elevate le pene per qualsiasi reato connesso alla sicurezza dello Stato e sono vietate le manifestazioni religiose al di fuori dei luoghi di culto. Immaginate per un attimo cosa direbbe – e farebbe – il Movimento cinque stelle se in Italia venisse adottato il modello russo.
E’ a Zheleznyak che il Movimento si affida per tessere la sua tela con Mosca. Nel corso del 2016 Di Battista e l’uomo della censura russa si incontrano, a Roma e Mosca, e si piacciono. Di Battista e una delegazione del Movimento si recano a Mosca al congresso del partito di Putin. Lì avviene l’abbraccio più impensabile, quello tra il Movimento della rete e chi il web lo ha messo a tacere.
Lì avviene l’abbraccio più impensabile, quello tra il Movimento della rete e chi il web lo ha messo a tacere. In quell’occasione, Di Battista non dice una parola sulla limitazione dei diritti civili in Russia, anzi racconta alla stampa che «i russi hanno un ottimo apparato di intelligence, hanno esperienza e sono disposti a collaborare», mentre il suo compagno di viaggio, Manlio Di Stefano, mette l’accento sulla guerra mediatica: «Attraverso i media si alimenta una russofobia crescente per giustificare l’ingresso di nuovi Stati in Europa e nella Nato. Montenegro, Georgia e Ucraina ne sono un esempio». Spasibo!
Il testo sopra riportato è un estratto del libro Supernova edito da Marco Canestrari e Nicola Biondo entrambi ex stretti collaboratori di Roberto Casaleggio e con incarichi ufficiali all’interno del movimento 5 stelle.
Aggiungiamo qui invece una nota di Stopfake a conferma di quanto sopra riportato circa la figura di Zheleznyak, vero anello di congiunzione tra Russia e Italia con il compito di tessere le tela per creare in Italia le condizioni di destabilizzazione e la successiva uscita della stessa dall’Unione Europea a favore di un ipotetico ingresso nell’Unione Euroasiatica a guida russa.
Nelle foto il recente incontro a Mosca tra Zheleznyak e il leader della Lega Nord Matteo Salvini, dimostra che la Russia sta utilizzando tutti i possibili movimenti politici italiani antisistema per creare destabilizzazione. E’ chiaro che alla Russia non interessi chi Governi l’Italia, l’importante è che sia un Governo manovrabile e controllato da Mosca,
Aleksey Komov, Viktor Zubarev and Sergey Zheleznyak
Aleksey Komov è l’uomo che compare sul palco di Torino nel 2013 quando Salvini viene eletto segretario del partito. A quella data non vi erano le sanzioni, Maidan doveva ancora scoppiare, la Crimea era Ucraina e non vi era guerra con la Russia. Cio’, se non dimostra perlomeno ci mette una grossa ipoteca, indica che il piano russo di intromettersi e controllare la politica italiana tramite partiti politici è un piano che viene da lontano.
Sino a che punto uno Stato democratico può accettare che uno Stato estero cerchi di condizionare e controllarne la sua politica ? Sino a che punto si può accettare che alcuni partiti politici italiani siano guidati non da una linea politica (che la si possa considerare giusta o sbagliata) seguita per il bene dell’Italia ma da una linea politica dettata dall’estero che ha per scopo primario gli interessi della Russia ?